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UN OTTOBRE MISSIONARIO DAVVERO STRAORDINARIO PER LA CHIESA DI CREMA

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In questi mesi estivi il sole e il caldo che schiacciano la pianura padana, permettendole di produrre anche un raccolto abbondante, si alternano con i temporali improvvisi e spesso violenti, che sradicano alberi, scoperchiano i tetti delle case, colpiscono le chiese e qualche volta mandano in rovina il raccolto dei frutti della terra. Questa alternanza meteorologica, che a Crema e nel cremasco quest’anno si è fatta sentire più che nel passato, illustra bene un’altra alternanza, che riguarda il rapporto fra la Chiesa di Crema e la missione.

Con grande gioia e riconoscenza ci prepariamo a celebrare, proprio qui a Crema, la beatificazione di p. Alfredo Cremonesi, missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere), originario della campagna cremasca, morto martire in Birmania nel 1953. Il processo di beatificazione si è chiuso nella primavera di quest’anno 2019, e la celebrazione per la beatificazione è stata fissata al 19 ottobre: una data scelta non a caso, grazie anche alla sensibilità della Congregazione delle cause dei santi e del suo prefetto, il card. Angelo Becciu, che presiederà la celebrazione come rappresentante di papa Francesco.

Sarà la vigilia della Giornata Missionaria Mondiale, nel contesto dell’Ottobre Missionario Straordinario: un momento particolarmente propizio per raccogliere la testimonianza di questo giovane, che matura la vocazione missionaria nel Seminario diocesano di Crema, sentendo che lo spazio di una diocesi, di un paese, non gli basta. Il suo desiderio di testimoniare il Vangelo con tutta la vita si dilata alle dimensioni del mondo, della missione universale. Potrà viverla in Birmania, dove giungerà nel 1925 per rimanervi fino alla morte, attraversando le prove del secondo conflitto mondiale e poi della guerra civile che devasterà il paese all’indomani dell’indipendenza. P. Alfredo rischia il tutto per tutto, pur di non rimanere lontano dalla sua gente: in mezzo ad essa troverà il martirio, per la mano un militare governativo, determinato a uccidere precisamente il padre missionario.

La luce e il calore di questa testimonianza si alternano con la burrasca improvvisa e violenta suscitata, quasi un anno fa, dalla notizia del rapimento di p. Pierluigi Maccalli: originario anche lui della terra cremasca, allievo anche lui del Seminario diocesano, entrato poi – insieme con un fratello, p. Walter – nella Società per le Missioni Africane (SMA), e partito missionario per l’Africa.

Dopo un breve periodo di vacanza in Italia, agli inizi di settembre 2018 è tornato alla sua missione di Bomoanga, in diocesi di Niamey, in Niger. Il 17 settembre, pochi giorni dopo il suo arrivo, è stato rapito: da allora, in pratica, non si hanno più notizie certe di lui. La diocesi di Crema, insieme con la SMA e la diocesi di Niamey, segue con molta trepidazione e attesa, e soprattutto con molta preghiera, la sua vicenda. Ogni sera si prega nella chiesa di Madignano, la parrocchia di origine di p. Gigi, dove vivono i suoi famigliari. Nelle “preghiere dei fedeli” delle messe nelle parrocchie della diocesi continuiamo a chiedere la sua liberazione; il 17 di ogni mese, dall’ottobre 2018 in poi, un appuntamento diocesano raduna molta gente per una marcia e una veglia di preghiera, in vari luoghi della diocesi…

Dell’una e dell’altra vicenda, del cammino verso gli altari di p. Alfredo Cremonesi, e del rapimento di p. Gigi Maccalli, ho avuto già occasione di parlare su queste pagine (cfr. Missione Oggi 2018, rispettivamente nn. 1 e 6). I loro volti, i loro nomi, si sono intrecciati nelle nostre preghiere di questi ultimi mesi. La memoria riconoscente del passato e l’inquietudine piena di speranza del presente ci rendono più consapevoli della perenne vitalità della missione: ma è una vitalità che passa per la prova, e una prova radicale, come del resto è inevitabile, quando si tratta di Gesù Cristo e del suo Vangelo.

Soprattutto, la duplice testimonianza missionaria che accompagna la mia Chiesa in questi mesi, ci ricorda dov’è che specialmente deve stare il discepolo di Gesù, e dov’è che deve stare la sua Chiesa: sulle “fratture della storia”, dove le violenze, i conflitti, le ingiustizie, la cupidigia generano divisioni e oppongono gli uomini gli uni agli altri, il più delle volte a spese dei piccoli, dei senza-nome e senza-storia. Lì ritroveremo sempre i p. Alfredo, i p. Gigi, con tanti altri uomini e donne che stanno lì a ricordarci, con la loro condivisione, il modo paradossale in cui la croce del Signore genera vita nuova.



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