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UN MESSAGGIO DRAMMATICO DALL’ECUADOR

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La nostra amica Mariafilomena Scirocco ci trasmette questo messaggio di Nidia Arrobo Rodas, già segretaria di mons. Proãno, direttrice della Fundación Pueblo Indio dell’Ecuador.  Lo riportiamo quasi integralmente, perché i nostri fratelli ecuatoriani siano un po’ meno soli nella loro sofferenza.
Quito, 15 marzo 1999

L’Ecuador sta attraversando una delle peggiori crisi della sua esistenza.  Sembra che il male sia “irreversibile”, i rimedi adottati dal governo sono peggiori della malattia.  È indescrivibile il deterioramento feroce degli ultimi dieci giorni.  Le misure di shock del governo - aumento del 75% dei prezzi dei telefoni,  del 20% dei combustibili, imposta dell’1% sulla circolazione di capitali – ci hanno lasciato senza respiro.  I fondi raccolti con gli aumenti sono stati canalizzati per coprire il pagamento del debito estero e per creare un fondo di salvataggio per le banche nazionali, che hanno iniziato a fallire una dopo l’altra. Quando il fondo di salvataggio  (un miliardo e ottocento milioni di dollari) si è esaurito, si è collassato il sistema finanziario nazionale e la settimana passata è stata dichiarata di festività bancaria, per mancanza di liquidità e perché il dollaro aveva fatto un salto terribile, da 8.400 sucres al dollaro a 20.000.

Fu tale il panico che tutto cominciò ad essere valutato in dollari. Il pane, il latte, il riso, le verdure, la frutta sono ora per noi a prezzi inavvicinabili e ad ogni momento sale il prezzo di tutto.  Per colmo, dopo due giorni di sciopero nazionale di protesta contro il modello escludente, il governo ha annunciato un nuovo pacchetto di misure, che sono mortali: ha aumentato il prezzo della benzina da 8.400 sucres a 23.800, ha aumentato l’imposta Iva del 5% e ha congelato per un anno i depositi dei conti correnti superiori a due milioni di sucres e dei libretti di risparmio superiori a cinque milioni.  Siamo stati tutta la settimana scorsa senza contanti, senza poter comprare, né muoverci, con aumenti dei prezzi come in economia di guerra e in un’incertezza totale.

Nella mobilitazione popolare, abbiamo avuto l’uccisione di un indigeno, Luis Alberto Cabascango, e 364 arrestati, tra essi dirigenti delle organizzazioni indigene, sindacali, femminili.  L’ira e la disperazione popolare crescono. Il nostro popolo dice: “Perché morire di fame? moriamo nella lotta, nella mobilitazione”. Le prossime settimane saranno più dure ancora, perché cominceremo a sentire il rialzo della benzina nei trasporti e nel costo degli alimenti.

Oggi, lunedì, si sono pronunciati i trasportatori; 100.000 tassisti che si erano indebitati in dollari per comprare il loro mezzo di lavoro, hanno deciso di bloccare le città abbandonando per strada le loro auto, perché non riescono a pagarle né a fare rifornimento di carburante. Quito sembra un cimitero generale; non c’è chi compri i generi alimentari, gli affari sono in fallimento, le imprese sono collassate per la mancanza del capitale, congelato e sequestrato per un anno.

I più poveri tra i poveri, gli indigeni, sono nella miseria totale.  I nostri programmi di aiuto a maestri di asili infantili comunitari, gli aiuti a progetti produttivi nelle comunità, a studenti indigeni universitari, a famiglie povere, sono paralizzati. Ciò che è peggio è che tutto ciò accade per saziare la voracità del capitale finanziario, che si rifiuta di dare la sua quota di solidarietà.

Cosa succederà domani? Inizia già un’ondata di saccheggi…  la fame non aspetta e c’è una psicosi collettiva di panico e di disperazione. Questa è la nostra realtà dura, terribile, diabolica, come diabolico è il neoliberismo.  Il movimento indigeno ancora una volta guida le rivendicazioni e ha iniziato un sollevamento indigeno, chiedendo deroghe alle misure di aggiustamento e le dimissioni del presidente. 

La repressione oggi è stata dura.  I tassisti sono stati aggrediti brutalmente dalla forza pubblica, le persone che stavano facendo lunghe code per prelevare – dopo una settimana di chiusura delle banche – qualche centesimo, sono state disperse con gas lacrimogeni… Siccome è in vigore la Legge di sicurezza nazionale,  i ministri della difesa e degli interni ci hanno ricordato che la loro pazienza sta finendo e ci faranno sentire il peso della legge;  hanno dato una scadenza ai tassisti per sospendere la protesta, altrimenti sposteranno i veicoli come vorranno; e, in nome della stessa legge, hanno imposto la censura ai mezzi di comunicazione.

Cercano la pace dei sepolcri.  Se la politica non cambia, avremo un cimitero generale e così il sistema neoliberista si sentirà compiaciuto perché avrà eliminato qualche migliaio di esclusi, che sono di troppo.  Perdonate la crudezza dei fatti.  La realtà non si può occultare.  Abbiamo bisogno della vostra azione urgente presso il nostro Governo, il Fondo monetario internazionale,  la Banca mondiale e tutti i paesi detentori del debito estero,  perché sentano misericordia per il nostro popolo!

NIDIA ARROBO RODAS.



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