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Tsunami asiatico e Tsunami africano

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Forse, quando questo editoriale apparirà, i riflettori delle tv sul maremoto che ha stravolto Paesi interi e milioni di uomini e donne dell'altra parte del mondo, si saranno già abbassati, e le notizie dei giornali dal fronte del Sud est asiatico saranno oramai scivolate dalle prime pagine a quelle interne. Vorremmo sbagliarci, ma è molto probabile che sia così. E che anche da parte nostra, superato il momento di forte emozione, si affidi “agli addetti ai lavori” il futuro di quelle terre. A noi i sentimenti, a loro il “sano realismo”. A noi la pietas per i morti, a loro gli affari legati alla ricostruzione.

Vorremmo sbagliarci anche su una Rai che corre non solo a documentarci i disastri lontani, ma anche la ricostruzione che avviene giorno dopo giorno, la speranza ritrovata dopo la catastrofe . Ci auguriamo dunque che l'emittente pubblica abbia il coraggio di mostrarci immagini di normalità ritrovata , storie di vita che risorgono dal fango e dalla distruzione. Insomma che la Rai non sia la televisione delle emergenze lontane, ma che racconti anche la fatica alla quale popoli interi si sobbarcano per ritrovare il coraggio di vivere.

Dietro questa tragedia si nasconde anche un'opportunità, che ci chiama in causa direttamente.

Non si tratterà solo di ricostruire un tessuto sociale così duramente colpito, ma le stesse condizioni ambientali: ospedali, scuole, abitazioni, villaggi, strade, foreste, acqua potabile ecc. Ma soprattutto un'economia diversa da quella che ha caratterizzato negli ultimi decenni questa regione . Un'economia non indotta dagli interessi del turismo occidentale che “mangia” tutto lasciandovi le briciole (leggi povertà di massa, prostituzione infantile, ecc.), ma che in primo luogo garantisca l'autosviluppo di quelle popolazioni attraverso un'allocazione delle risorse finalizzata a soddisfare i bisogni primari secondo progetti da loro definiti e gestiti.

È importante allora che da qui riparta una rivendicazione rivolta al nostro governo, come a tutti quelli della UE: la cancellazione del debito di tutte le nazioni coinvolte in questo disastro, onorando in tal modo la legge 209/2000 varata dal parlamento italiano, e per ora del tutto inapplicata. E se una contrattazione dovrà essere fatta perché tale remissione possa avvenire, non potranno che riguardare la destinazione sociale di tali fondi. Attorno al tavolo dovranno sedere non solo i governi legittimi dei vari Paesi, ma anche tutte quelle associazioni, organizzazioni non governative, istituzioni indipendenti realmente rappresentative delle società civili locali. Non sarà facile, ma oggi c'è una possibilità in più.

Infine c'è uno tsunami africano che richiede la nostra attenzione e la nostra solidarietà al pari di quello del Sud est asiatico.

Il conflitto che continua nell'est del Congo ha fatto molte più vittime: si calcola fino a 3,8 milioni di persone e la guerra che tuttora è in corso nel Darfur (Sudan) ne ha messo in fuga quasi un milione e mezzo nei due anni passati. Ci sono disastri ovunque e non possiamo chiudere il cuore ad alcuni. Che non si tolga all'Africa per aiutare l'Asia.



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