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Sachs, Blair e Bonolis contro la povertà

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Il 2005 è proprio l’anno della lotta contro la povertà. Per quelli che avessero dubbi, sarebbe sufficiente osservare la lista di iniziative, proposte e forum già lanciati sulla questione. Ad esempio, il 17 gennaio, il consigliere speciale di Kofi Annan, Jeffrey Sachs, ha presentato il rapporto dal titolo: “Investire sullo sviluppo: piano pratico (notate bene, pratico) per realizzare gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo”.

Sachs, economista e direttore dell’Earth Institute alla Colombia University, ha insistito che “era ancora possibile raggiungere questi obiettivi, a condizione di applicare questo piano immediatamente”.

È facile indovinare di che si tratta: “È assolutamente necessario che i Paesi ricchi e anche quelli poveri prendano impegni fermi perché i Paesi in via di sviluppo che vogliono eliminare la povertà possano senza più ritardi ottenere dai Paesi sviluppati concessioni commerciali, sgravi sul debito e assistenza, già promessi”.

Sachs e la sua équipe (sono in dodici i membri, scelti e altamente preparati), fra l’altro, si accontentano che i ricchi diano solo lo 0,44% del Prodotto nazionale lordo, invece dello 0,7% promesso. Il rapporto di Sachs è a favore di una riforma del sistema internazionale per lo sviluppo, spesso inefficace. Il direttore mostra come per ogni dollaro stanziato, solo 30 centesimi arrivano effettivamente ai programmi di sviluppo per lottare contro la povertà assoluta (cioè quella di un dollaro al giorno), la fame e la malattia.

L’aiuto ha risultati solo se è sufficiente e convenientemente mirato; se fosse concentrato e speso localmente secondo una strategia rigorosa sarebbe più efficace e meno costoso. Insomma il professore lancia un forte appello per un “decennio di grandi ambizioni”. Mentre in Francia Jacques Chirac chiede una tassa internazionale per finanziare l’aiuto allo sviluppo, nel Regno Unito Tony Blair ha inventato invece una “Commissione per l’Africa” con un “Piano Marshall”. I membri di questo think tank sono 17, di cui nove africani, di tutti i livelli e classi, dai cantanti ai finanzieri e agli economisti.

La commissione ha definito sei settori di intervento: lo sviluppo umano e culturale, la pace e la sicurezza, la buona governance, la gestione delle risorse naturali, l’economia e la partecipazione. Insomma c’è di tutto. La consultazione previa è stata capillare con la collaborazione della società civile e altre organismi, in tutti gli angoli del globo. Infine, la Commissione propone la creazione di un fondo internazionale con 50 miliardi di dollari all’anno. Ci sono tutti i requisiti per un successo politically correct. L’11 marzo è stata la data fatidica in cui la Gran Bretagna e la sua Commissione hanno offerto agli africani un rendez-vous che si vuole inedito, ad Addis Abeba, Londra e New York per “un’Africa forte e prospera”.

In Italia invece c’è Paolo Bonolis che, durante il 55mo festival di Sanremo, collegandosi in diretta, a sorpresa, con alcuni bambini del Darfur ha presentato il suo piano. Non è un Piano Marshall, né di investimento. Lo chiameremo il “piano del mattone”. Con la sua équipe, i partecipanti al festival, Bonolis vuole costruire (servendosi del Banco di Roma, nota banca armata) una scuola-ospedale che si chiamerà “Avamposto 55”.

Dalla Rai ci si sarebbe aspettato ben altro, meno paternalismo e più informazione, che è la prima forma di solidarietà.

E in Italia ne avremmo veramente bisogno. Almeno per sapere se l’Onu, la Francia o il Regno Unito hanno finalmente partorito “l’Africa forte e prospera”.



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