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RUT, LA STRANIERA CHE APRE GLI OCCHI AI CREDENTI

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“Mentre le donne del libro dei Giudici 19-21 sono esposte a violenza e attacchi e nessun Dio interviene in loro soccorso, il libro di Rut presenta due donne che, pur private di tutto e affrante, fanno parte del piano redentivo di Dio, non solo come vittime passive. Noemi non accetta in silenzio ciò che l'Altissimo le ha fatto, ma esprime la sua angoscia, in forma di denuncia. Ella fa progetti per il futuro e li mette in pratica. Neppure Rut è succube di un futuro senza speranza, ma osa con tutte le sue forze dare continuità alla famiglia alla quale si è legata tramite il matrimonio con Maclon” (K. Nielsen).

UNA VICENDA EMINENTEMENTE ORDINARIA

Pochi libri della Bibbia lasciano il lettore così favorevolmente impressionato da una vicenda eminentemente ordinaria come quella della moabita Rut, entro la quale tuttavia i protagonisti e il narratore sanno cogliere l'intervento provvidenziale del Dio d'Israele.

I personaggi del racconto sono gente comune, non i grandi protagonisti della storia; è questo un tratto tipico delle narrazioni bibliche, dalla Genesi ai Vangeli, dove le vicende umane non sono lette mettendo a fuoco solo le grandi sedi istituzionali (palazzo e tempio) e le figure di rilievo (re, condottieri, aristocratici, eroi), ma gente semplice: nomadi, contadini, artigiani, emigranti, pescatori.

L'umanità non è dunque colta nei suoi aspetti che suscitano ammirazione, ma nel suo quotidiano affrontare bisogni, privazioni, relazioni, conflitti e aspettative. Proprio nella quotidianità il credente sperimenta che le “ali” di Dio sono stese su di lui per proteggerlo, così come avviene per Rut.

CON INIZIO AMARO E FINALE FELICE

Il racconto ha un inizio tragico e un finale in cui ogni conflitto è risolto e ci si apre con fiducia al futuro. Tra questi due estremi corre una vicenda che vede al centro due donne che hanno fatto un'esperienza amara (Rt 1,20) della vita, in particolare Noemi: ha dovuto lasciare Betlemme per emigrare nel paese di Moab – e lasciare la propria terra è sempre tragico e dirompente! Alla fine ha perduto tutti i suoi cari.

Rut compie invece un tragitto inverso: la tragedia si consuma per lei nel suo paese, Moab, dove perde il marito.

Il narratore non chiarisce il senso di questi primi episodi, ma il lettore sembra dover costatare che la vita è avversa quando ci si allontana dal Signore (nel libro il paese straniero diventa simbolo di tale allontanamento); da qui l'attesa suscitata dalla decisione di ritornare. Al loro rientro da Moab le due donne ricevono solidarietà da un parente di Noemi, Booz, un proprietario terriero di Betlemme, che accetta di sposare Rut; da questo matrimonio nascerà Obed, il nonno del re Davide.

DOVE UNA STRANIERA GIOCA IL SUO FUTURO

Rut decide di tornare a Betlemme con la suocera, un atto di grande coraggio, tenendo conto che una donna nella società antica non era economicamente autosufficiente. Il narratore non spiega perché Rut ha deciso di tagliare ogni legame con il suo passato per affrontare un'impresa per nulla semplice, poiché dovrà affrontare una cultura diversa dalla sua e soprattutto, priva di un compagno, dovrà vivere assieme a sua suocera della carità degli abitanti di Betlemme.

Il motivo potrebbe essere l'affetto per la sua suocera, come sembra suggerire il parente di Noemi e futuro sposo di Rut, Booz: “Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso un popolo, che prima non conoscevi” (2,11). Questo motivo, tuttavia, si presenta ai nostri occhi come troppo umano, ma forse è proprio tale prospettiva che sorprendentemente risalta nei testi biblici.

In effetti, il rapporto con Dio nella Bibbia si gioca interamente a livello mondano.

Se l'intervento straordinario di Dio fonda originariamente l'esperienza di Dio con il suo popolo, è altresì vero che la confessione della fede – cioè l'espressione pubblica della conoscenza del Dio rivelato – avviene a livello esistenziale e non cultuale, come mostrano i profeti da Amos a Malachia.

Mondanità non si oppone a religiosità, anzi proprio l'essere mondano della persona umana rappresenta la dimensione entro la quale si gioca il suo rapporto con Dio.

Un rapporto che può risolversi in una chiusura, là dove l'essere umano vede solo se stesso come artefice del proprio futuro, o in un’apertura fiduciosa, quando l'essere umano prende coscienza che il futuro non è uno spazio da padroneggiare, ma un invito da accogliere, una relazione da intensificare, un progetto cui prendere parte. L'affetto per la suocera diventa il nuovo legame che definisce i rapporti tra Rut e il suo prossimo: seguire la suocera significa diventare membro di un altro popolo (sempre però circondata dalle riserve che accompagnano ogni outsider in un gruppo sociale chiuso) e assumere un'altra tradizione religiosa con i suoi riti e la sua divinità; dal rapporto con la suocera dipende inoltre l'accoglienza o meno nella vita sociale di Betlemme.

COME FIGURA DELL’UMANITÀ BENEDETTA DA DIO

Il libro di Rut è certamente polemico – basterebbe leggere le pagine che il libro di Esdra riserva alla condanna dei matrimoni con donne straniere – ma sarebbe errato limitare a questo il suo intento: Rut diventa invece il simbolo di quell'umanità che, pur non appartenendo al popolo eletto, nella misura in cui attua i doveri del proprio stato con rettitudine di coscienza e di cuore, si trova accolta da Dio.

La benedizione divina non è riservata al solo Israele, né il bene si rinviene soltanto tra i suoi membri, anzi, come insegnano i profeti, per gran parte della sua storia il popolo eletto non ha affatto corrisposto ai benefici ricevuti da Dio.

OLTRE I CONFINI DEL POPOLO D’ISRAELE

Rut è come quella vedova di Zarepta di Sidone che Dio beneficò tramite Elia; Rut è come quel siriano Naaman che Eliseo guarì dalla lebbra. A questi personaggi si appellerà anche Gesù per mostrare che la fede non è limitata al popolo eletto e soprattutto che l’eletto può correre il rischio di non corrispondere al progetto divino.

La ricompensa di Rut – una nuova famiglia e una discendenza – è ancora una volta a livello mondano.

Va notato però che, nel libro, Rut non legge gli avvenimenti che la riguardano in senso teologico: tale lettura è sempre fatta da altri personaggi (Noemi, le donne di Betlemme). Rut non è dunque la credente, saranno invece i membri del popolo di Dio a illustrarle il senso degli avvenimenti che la riguardano. Né il caso, avverso o benigno, né semplicemente il favore o la benevolenza umani determinano la vita di questa giovane moabita, ma lo sguardo protettore e provvidente del Dio d'Israele

2,12: “Il Signore ti ripaghi quanto hai fatto e il tuo salario sia pieno da parte del Signore, Dio d’Israele, sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti”.

APRENDO GLI OCCHI AI CREDENTI

Si configura dunque a questo livello il compito di ogni credente: imparare a leggere le vicende del mondo con gli occhi della fede, per diventare interpreti della storia e poter annunciare al mondo che, nella trama spesso sorprendente degli eventi, la mano di Dio è all'opera per sostenere chi si affida a lui.



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