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Missione nell’unità, Edimburgo 100 anni dopo

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La Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo 1910 è considerata l’inizio del movimento ecumenico moderno. L’impegno per superare le divisioni tra le Chiese risulta, quindi, fin dall’inizio intrecciato con quello per la diffusione del Vangelo: la testimonianza dell’unico Gesù Cristo non è, infatti, credibile se accompagnata da scomuniche, competizioni e proselitismi tra quanti si proclamano discepoli del Signore della riconciliazione.

A un secolo di distanza (vedi il dibattito in corso su http://www.edinburgh2010.org/), il cristianesimo appare ben diverso: si è ulteriormente diversificato, soprattutto con la fioritura delle comunità pentecostali, e il suo baricentro si è spostato al Sud.

Il nodo di fondo sembra però lo stesso: come comporre unità e diversità per servire meglio il mondo?

Oggi si tratta di far emergere “cristianesimi” incarnati nelle culture dei “continenti di missione”, dando piena “cittadinanza ecclesiale” a quelle che il decreto conciliare Ad gentes (1965) chiama “Chiese particolari” e trovando i modi perché ciò non si traduca nell’esaltazione di localismi, ma apra la strada a una rinnovata “cattolicità”.

Sarebbe il primo passo verso il riconoscimento di tutte le “differenze” (anche quella di “genere”) necessarie ad arricchire quella koinonia cristiana color arcobaleno che sola può offrire una testimonianza di pace all’umanità all’inizio del nuovo millennio.



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