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La sovranità alimentare il nome nuovo della pace

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Convegno: Cibo e Mercato

Un caldo benvenuto a tutti, so che ci sono persone dall’Africa, da Roma, da Verona e da Milano... grazie per essere venuti a questo convegno organizzato a due mani: Missione Oggi e Europafrica-Terre contadine. Il titolo è un po’ lungo: Cibo e mercato - Produttori e consumatori del mondo insieme per la sovranità alimentare. L’intento è di riuscire ad abbracciare la problematica della sovranità alimentare dal Nord al Sud..
Missione Oggi, mensile dei missionari saveriani, crede che questo tema sia molto significativo non solo a livello politico, molti infatti lo hanno discusso a Nairobi durante il Forum Sociale scorso e in questi giorni in Italia con varie manifestazioni in varie città. E certamente nel corso del convegno gli interventi illustreranno questa tematica da vari punti di vista. Da parte nostra, da parte dei missionari, l’evangelizzazione nel 2007 è anche coinvolgersi in questi Accordi di partenariato economico (Ape) col tema della sovranità alimentare. Parafrasando Paolo VI, direi che oggi la sovranità alimentare è il nome nuovo della pace.

CHE COSA È LA SOVRANITÀ ALIMENTARE

La sovranità alimentare è il diritto di uno Stato o un’unione di Stati a definire la loro politica agricola e alimentare senza la tentazione di destabilizzare i mercati interni degli altri paesi con esportazioni a basso prezzo di prodotti alimentari sussidiati. Questa è la definizione di Via Campesina. Fra l’altro, la sovranità alimentare rivendica una serie di diritti:
  • il diritto dei contadini di avere accesso alla terra, all’acqua, alle sementi, al credito;
  • il diritto dei contadini di produrre prima di tutto ciò che essi mangiano;
  • il diritto dei consumatori di decidere ciò che vogliono consumare e di poterlo consumare in sicurezza;
  • infine il diritto dei contadini di ricevere una remunerazione onesta per le loro fatiche di produzione.
Questo certamente passa per la tassazione delle importazioni alimentari a basso prezzo per creare un’uguaglianza di opportunità tra la produzione agricola industriale che si fa con i costi reali di produzione e i prodotti importati che sono forse sempre venduti al di sotto dei prezzi di produzione.

L’IMPLICAZIONE MISSIONARIA

Perchè non lasciare tutto questo al sindacato e alla politica? Dov’è l’implicazione missionaria? È nostra responsabilità promuovere relazioni economiche eque fra l’Europa e l’Africa. È nostro dovere lavorare e sensibilizzare perché i poveri abbiamo una vita decente, degnitosa e soprattutto i contadini meno favoriti in Africa.
Tutto questo è Dottrina Sociale della Chiesa. La metà della popolazione attiva del mondo lavora nel settore agricolo. In 49 Paesi meno avanzati, fra questi circa 34 sono in Africa, almeno 60% della popolazione è impiegata nell’agricoltura. Questa in Africa non è sufficientemente sostenuta, protetta e sviluppata per fare concorrenza con le produzioni provenienti da, per di più spesso sussidiate e oggetto di dumping. Entriamo allora nel settore economico, che è legato alla visione dell’essere umano, del ruolo della società e di una possibile convivenza.
Attualmente l’economia ci considera come dei produttori e consumatori.
La dimensione sociale che era già integrata nell’economia sociale del mercato è stata gradualmente eliminata. Anche il costo ecologico a lungo termine per il nostro modo di produrre, di trasportare e di vendere le merci è ancora messo da parte e trascurato.
La sovranità alimentare vuole ritornare a una visione universale e integrare le diverse dimensioni della nostra realtà umana. Il cibo non è solo il diritto di chi dispone di un potere di acquisto, né di colui che produce, ma un diritto per tutti. Lo sappiamo, il cibo non è una merce come le altre, quindi prodotte e immagazzinate prima di arrivare al mercato e secondo gli interessi dei proprietari. Fino a quando c’è una persona che soffre di fame, è immorale immagazzinare dei cibi per garantire dei benefici speculativi.

LA PROFEZIA DI PAOLO VI

Le parole di Paolo VI, proclamate 40 anni fa nella Populorum Progressio, sono ancora attuali e illuminanti: "Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Com’è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto, (Joseph Louis Lebret, ndr.): «noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera» (n.14).
Non si tratta soltanto di vincere la fame e neppure di ricacciare indietro la povertà. La lotta contro la miseria, pur urgente e necessaria, è insufficiente.
Si tratta di costruire un mondo, in cui ogni uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini e da una natura non sufficientemente padroneggiata; un mondo dove la libertà non sia una parola vana e dove il povero Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco (cf. Lc 16,19-31). Ciò esige da quest’ultimo molta generosità, numerosi sacrifici e uno sforzo incessante.
Ciascuno esamini la sua coscienza, che ha una voce nuova per la nostra epoca:
È egli pronto a sostenere col suo denaro le opere e le missioni organizzate in favore dei più poveri? a sopportare maggiori imposizioni affinché i poteri pubblici siano messi in grado di intensificare il loro sforzo per lo sviluppo? a pagare più cari i prodotti importati, onde permettere una più giusta remunerazione per il produttore? a lasciare, ove fosse necessario, il proprio paese, se è giovane, per aiutare questa crescita delle giovani nazioni?" (n.47).
Domande missionarie che colpiscono il cuore anche oggi.
Correva l’anno 1967: quasi tutti gli Stati africani avevano ottenuto l’indipendenza, c’era guerra in Vietnam e il boom economico in Italia, avvenuto col Piano Marshall. Paolo VI allargava la visione dell’evangelizzazione per includervi la lotta alla povertà. Nel 2007 avrebbe parlato di Obiettivi di sviluppo del millennio e forse avrebbe lanciato questo slogan: la sovranità alimentare è il nome nuovo della pace. È ciò che vorremmo approfondire in questo convegno.
Ringrazio di vero cuore Maria Teresa Cobelli che ci ha aiutati nel preparare e coordinare questo convegno e Nora McKeon per la sua collaborazione. Ringrazio tutti per essere venuti.
  • Buon lavoro. NICOLA COLASUONNO.

La critica delle Chiese africane
I sette Consigli delle Chiese dell’Africa del sud e dell’est (protestanti), insieme all’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale (cattoliche) riuniti dal 23 al 25 aprile 2007 a Dar es Salaam, a proposito degli Accordi di partenariato economico (Ape), fra l’altro, hanno dichiarato: "Dopo aver studiato e analizzato i negoziati in corso degli Ape siamo giunti alla conclusione che gli accordi non sono conformi ai nostri principi. Al contrario, gli Ape sono una minaccia per il benessere delle nostre popolazioni e per il nostro sviluppo economico. Mentre apprezziamo gli obiettivi di sviluppo dell’Accordo di Cotonou, siamo coscienti che nelle trattative in atto l’Unione europea e i nostri governi hanno perso di vista questi obiettivi.
Inoltre, gli Ape si sono dimostrati accordi di libero scambio che avranno un impatto dannoso sulla nostra agricultura e sulla nostra sicurezza alimentare, sulle industrie nascenti così come sulle risorse naturali. Ancora, porteranno a una perdita di entrate fiscali attualmente ottenute con le merci importate."


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