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LA SFIDA DELL’ECOLOGIA INTEGRALE / INTERVISTA A ALFONSO MURAD

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Fratel Alfonso, che cosa si aspetta dal Sinodo?

Se anche dall’Assemblea dei vescovi non uscisse nulla, il processo sinodale avrebbe già prodotto molto, perché in Amazzonia, con l’aiuto della Repam (Rete ecclesiale panamazzonica), c’è stata una grande mobilitazione di comunità, parrocchie, diocesi, organismi pastorali ecc., che sta creando una coscienza collettiva nei popoli e nella Chiesa dell’Amazzonia: non è una Chiesa povera, abbandonata e senza risorse; ha la ricchezza dei suoi popoli, del suo ecosistema ecc. Nel resto del Brasile, invece, molti pensano che l’Amazzonia riguardi solo i suoi abitanti, mentre è una questione planetaria, per il servizio che rende al ciclo della pioggia e per la diversità culturale che la compone. Papa Francesco ha pensato al Sinodo anche per risvegliare la coscienza del Primo Mondo a una solidarietà globale. Se riusciamo a fare qualche passo avanti in questo senso è un grande risultato.

Che cosa significa una Chiesa dal volto amazzonico?

Vuol dire anzitutto considerare l’acqua, una risorsa fondamentale in Amazzonia, come principio della vita, che in ambito ecclesiale rimanda alla figura del battesimo per immersione, che dovrebbe senz’altro essere adottato nella regione. Poi assumere il ritmo dell’Amazzonia, che non è quello folle della società capitalista, ma quello lento dei fiumi, cui dovrebbe adattarsi chi viene da fuori. La Chiesa dovrebbe, inoltre, usare di più le analogie e immagini della cultura amazzonica: per esempio, i libri scolastici, normalmente impostati sulla realtà del sud del Brasile, dove l’ambiente è urbano, dovrebbero invece riferirsi ai miti amazzonici. Dicasi lo stesso per i materiali pastorali e catechetici che dicono la fede dell’Amazzonia. Questo significa un’evangelizzazione più incarnata e profonda.

Quali sono i temi che il Sinodo non può ignorare nell’ambito ecologico?

Anzitutto, è decisivo comprendere la categoria “ecologia integrale”, proposta dal papa nella Laudato si’, che ha molteplici dimensioni (ambientale, politica, sociale, economica, quotidiana, urbana, culturale ecc.) e applicarla alla realtà amazzonica. Un secondo tema da valorizzare è l’ecospiritualità, attingendo allo straordinario patrimonio spirituale amazzonico delle comunità indigene, degli abitanti delle rive dei fiumi (ribeirinhos), e approfondendo quale contributo tutto ciò può dare alla Chiesa in altre parti del mondo. Un terzo filone riguarda un nuovo modello di economia sostenibile: l’Amazzonia non resiste all’attuale processo di sfruttamento e distruzione, ma bisogna valorizzare le iniziative già esistenti, facendole progredire con l’aiuto di esperti e gruppi.

Ci sono altre sfide ambientali in Amazzonia?

Ci sono questioni concrete molto importanti. Per esempio, i progetti petroliferi e minerari (oro, ferro ecc.), in particolare stranieri e soprattutto cinesi, che distruggono il suolo, i fiumi ecc., senza alcun rispetto per la legislazione locale. È una questione gravissima, perché ha un impatto ambientale a lungo termine. Si tratta poi di sostenere le iniziative di economia solidale, basate sulla produzione ortofrutticola locale e l’uso delle tecnologie al servizio di questo nuovo modello, legate alla ricerca e alle tecnoscienze. Per esempio, in Amazzonia si scoprono molte sostanze fondamentali per la salute o la cosmesi e queste dovrebbero essere in mano ai popoli indigeni, mentre gente da fuori ne fa oggetto di biopirateria. Servirebbe una ricerca a livello nazionale e internazionale per utilizzare maggiormente le risorse dell’Amazzonia a favore dei popoli originari.

Come tutto questo coinvolge la Chiesa?

La Chiesa dovrebbe risvegliare questa coscienza che siamo parte della creazione, figli e figlie della madre terra, che dobbiamo curare e coltivare. Compito della Chiesa, con le sue organizzazioni pastorali, è anche stimolare e accompagnare i laici a partecipare alle diverse iniziative sociali e ambientali, appoggiandole come istituzione e creando spazi interdisciplinari, per esempio con l’inserimento della tematica ecologica nei corsi formativi di preti e laici, affinché chi li frequenta funga da moltiplicatore. E siccome la parola ufficiale dell’istituzione ecclesiastica ha ancora peso, deve denunciare le situazioni di violenza contro i popoli.

Dal tronco della teologia della liberazione è nata in America latina anche una riflessione ecologica, inaugurata da Leonardo Boff. Come si è sviluppata?

Sono molti oggi i teologi che lavorano nella linea dell’ecoteologia. Ci sono diversi gruppi con accenti differenti. Ce n’è uno di taglio più pastorale, composto da persone coinvolte in reti socioambientali, come Chiesa e attività minerarie o di difesa dei fiumi, cui si somma tutta la questione indigena, dei popoli originari e afrodiscendenti. Quindi c’è un gruppo che opera più sul piano pratico, per esempio nella Cpt (Commissione pastorale della terra). Poi a livello di riflessione ci sono teologi che stanno rielaborando la teologia con una prospettiva liberatrice, femminista, latinoamericana ed ecologica. In particolare, segnalo gruppi di ricerca ecoteologica a Manaus, Belo Horizonte, Porto Alegre e Curitiba. È una realtà nuova in Brasile, anche se non va dimenticato il lavoro di Leonardo Boff, che resta un grande simbolo di riflessione al contempo teologica e poetica. Il che è molto importante a livello di discorso teologico, perché l’ecoteologia deve assumere un’altra forma, non puramente concettuale, ma emotiva. Ebbene, Boff fa dialogare il pensiero occidentale con questa nuova sensibilità, da lui chiamata “razionalità cordiale”. Un’altra linea interessante è sviluppata da Luiz Carlos Susin nel libro Teologia della liberazione animale, che, nonostante la novità del tema, ha avuto una buona eco in Brasile.

Quali sono i contributi originali dell’ecoteologia?

Nell’ambito della teologia sistematica o dogmatica, per esempio, quando pensiamo all’escatologia lo facciamo di solito a partire dall’essere umano, mentre l’ecoteologia pone una domanda nuova: qual è la partecipazione delle altre creature nel momento in cui ci siano nuovi cieli e una nuova terra? Circa il tema dell’antropologia teologica, l’invito è a ripensare l’essere umano; circa la cristologia, l’invito è ad affiancare la cristologia liberatrice, sviluppata in America latina, riscattando elementi della cristologia cosmica, cioè del Cristo risorto primogenito di una nuova creazione; circa la teologia biblica, l’invito è a comprendere il messaggio dei profeti da un punto di vista ambientale, non solo sociale.

C’è poi l’ambito etico, che aiuta i cristiani a vivere la loro fede a livello personale, comunitario e istituzionale. Qui entrano in scena i temi dell’educazione ambientale, delle politiche ambientali delle istituzioni religiose, della preghiera di riconoscimento della presenza di Dio nella creazione (meno intellettuale e fatta più di silenzio e lode), nonché piccole iniziative, come riunioni o ritiri all’aperto o in spazi esterni, magari pregando in un giardino e contemplando l’alba, ascoltando il canto degli uccelli, calpestando la terra ecc. Così l’ecoteologia si traduce in esperienza di vita e conduce a un impegno concreto.

L’ecoteologia sta lentamente penetrando nel pensiero cristiano. Per esempio, ci stiamo chiedendo che cosa significa ripensare la Trinità in questa prospettiva ecologica, dove un principio fondamentale è quello della diversità, della biodiversità e della diversità umana. Ma anche la Trinità è il principio di ogni diversità e comunione. È il Padre-Figlio-Spirito che vive in comunione e cooperazione. È la stessa Trinità, letta in un’altra prospettiva! Oppure, che cosa cambia nella teologia della salvezza ripensata in quest’ottica? Per secoli abbiamo sviluppato una soteriologia centrata sulla morte di Gesù; la teologia contemporanea ha riscattato invece il fatto che la salvezza comincia con l’incarnazione, che è il principio della comunione di Dio con noi; la teologia della liberazione ha sottolineato l’importanza della pratica di Gesù, quindi tutta la sua vita e la sua missione liberatrice dei poveri, l’annuncio del regno di Dio ecc.; l’ecoteologia aggiunge l’idea che la salvezza non è solo per i buoni, ma per tutto il creato, perché, come dice l’Apocalisse, “io faccio nuove tutte le cose”. Il testo biblico non parla però di “cose”, ma dice panta, cioè “tutto”, tutti gli esseri. Quindi c’è una partecipazione di tutte le creature in questa visione di Dio. E la salvezza inizia nella stessa creazione, perché il piano di Dio ha una prospettiva di reciprocità che va recuperata. Nella Laudato si’ si dice che il peccato ha rotto questa reciprocità.

Un’altra tendenza è quella della spiritualità ecologica, che richiede il recupero di quella biblica, in cui salvezza e creazione sono molto unite. A questo proposito, molti Salmi, come per esempio il 19, sono istruttivi, perché cominciano riferendosi alla creazione e passano poi a parlare della liberazione dalla schiavitù d’Egitto ecc. Nella preghiera si dovrebbe recuperare la dimensione dei cinque sensi, della comunione con l’ecosistema: suolo, acqua, aria, piante. Ciò permette uno straordinario allargamento della spiritualità cristiana, fatta non solo di parole, ma di silenzio, che esprime una sintonia profonda con la natura e rimanda a Dio come nucleo del mistero della vita. L’ecoteologia sta aprendo molte prospettive promettenti alla fede cristiana.



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