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L'INFANZIA NEGATA: BAMBINI IN GUERRA

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Secondo l'Unicef, nel decennio passato, un milione e mezzo di bambini sono stati assassinati da guerre e conflitti armati, 4-5 milioni sono rimasti mutilati.

Alcuni anni fa il generale Cisneros, dell’esercito peruviano, invitava i suoi soldati ad utilizzare una pratica di controinsurrezione di questo tipo: “Quando entrate in un villaggio, uccidete senza grossi problemi i suoi abitanti, 20 o 60 che siano, includendo anziani e bambini. Soprattutto questi ultimi, che sono i futuri guerriglieri...”

Anche oggi non si possono contare gli episodi di barbarie contro i bambini nei conflitti.

Ci fanno orrore le notizie che arrivano dalla ex-Jugoslavia o dal Ruanda, come ieri ci ripugnavano gli stessi fatti in Vietnam o ad Haiti. E sempre i bambini e i giovani appaiono come vittime numerose degli scontri armati.

La guerra è, per rubare un’espressione di Goya, “un incubo della ragione che genera mostri”. Risulta dunque sempre più evidente, che nello scenario della guerra i tabù etici vengono violati in forza di una logica assolutamente aggressiva e violenta. Lo stesso imperativo categorico che ci impone di rispettare l’infanzia nel suo primo ed originale diritto alla sopravvivenza fisica, si riduce ad esercizio di principio senza influenza pratica.

Secondo l'UNICEF, nel decennio passato, un milione e mezzo di bambini sono stati uccisi da guerre e conflitti armati e 4-5 milioni sono rimasti mutilati. In Afghanistan, negli ultimi 15 anni di guerra, fra i 3 e i 4 milioni di bambini sono morti per denutrizione e malattia, mentre 400 mila sono stati direttamente assassinati dalla guerra.

L’infanzia viene colpita anche in forma indiretta.

L’embargo contro l’Irak ha provocato, negli ultimi 4 anni, la morte di almeno 150 mila bambini. Nell’ultimo decennio, nel mondo, 12 milioni di bambini sono rimasti senza casa ed altrettanti sono stati traumatizzati psicologicamente. Cinque milioni sono in condizioni di “desplazados”.

La “Convenzione internazionale” dell'ONU sui diritti del bambino stabilisce in 15 anni l’età minima per poter coinvolgere un adolescente in un conflitto armato. Si tratta di un atteggiamento molto ipocrita, poiché dubitiamo che dal punto di vista etico abbia senso fissare burocraticamente un’età minima per poter uccidere ed essere uccisi. E, nonostante questo, molti adolescenti al di sotto di questa età minima vengono direttamente arruolati nelle forze armate di vari paesi.

Un caso assolutamente scandaloso di crimine contro i bambini è quello delle mine antiuomo, vere armi per una morte differita.

Una volta attivate non possono essere rimosse. La loro minaccia dura 50 anni e, esercitando il proprio effetto assassino molto oltre le occasioni per cui vengono utilizzate, di fatto operano al di fuori di qualunque diritto bellico. I bambini sono quelli più direttamente minacciati. Giustamente essendo bambini non ne capiscono la pericolosità o sono curiosi per il loro aspetto particolare. Quando una di queste esplode, i bambini sono i più esposti per la loro bassa statura, con maggiori probabilità di emorragie, e le loro possibilità di sopravvivenza sono minime. Quando sopravvivono, restano mutilati. I bambini rappresentano il 20% delle vittime delle mine e milioni di loro in tutto il mondo vivono con la paura di questa minaccia mortale.

Nel mondo ci sono da 80 a 110 milioni di mine antiuomo in almeno 64 paesi, il che significa una mina ogni 20 bambini. Si trovano soprattutto nei paesi in via di sviluppo e la maggiore concentrazione si ha in Africa e Asia: 10-15 milioni in Afghanistan, 9 milioni in Angola, 7-8 milioni in Cambogia. Il tessuto economico e civile di molti paesi è contaminato da esse. Dal 1975 hanno assassinato un milione di persone.

L'aspetto più vergognoso consiste nel fatto che tutto questo costituisce un vantaggioso affare per molti paesi del mondo industrializzato. Le mine antiuomo sono fabbricate nel primo mondo: tra i paesi più coinvolti vi è l'Italia, dove imprese come Valsella, Tecnovar e BPD producono e vendono sul mercato internazionale questo tipo di prodotto.

Ci sono nei magazzini ancora più di 100 milioni di mine in attesa di essere utilizzate. E se una di esse costa 3 dollari, per trovarla e disattivarla bisogna spenderne 300. Il paradosso è che se nel 1994 sono state disattivate 200 mila mine, nello stesso anno ne sono state sparse nel mondo 1.800.000  di nuove.

Sfortunatamente si tratta di un affare in pieno sviluppo, accettato e molte volte incentivato dagli stessi governi che hanno ratificato la “Convenzione internazionale sui diritti del bambino”.

Sfortunatamente le leggi economiche del mercato internazionale valgono molto più della vita di un bambino.

  • NATS, aprile 1996.


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