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FAUSTO PIAZZA: Rispetto alla domanda di Natoli circa l’involucro della risurrezione, se sia o meno essenziale al cristianesimo, posso portare una testimonianza. Ho recentemente incontrato una persona convertita – come san Paolo –, cioè un’adulta che, partendo da una prospettiva estranea alla fede cristiana, ne è diventata un’ardente sostenitrice. Alcune sue parole mi hanno fatto capire che l’incontro con Dio avviene più facilmente quando incontri chi te ne parla con l’eloquenza della vita. Io, per esempio, cresciuto in un ambiente cristiano, non ho (ancora) sperimentato una conversione simile, cioè un cambiamento radicale, mentre quando ti trovi di fronte ad una persona come quella citata, non si fa fatica ad ammettere che anche l’involucro della risurrezione sia essenziale.

MIMMO CORTESE: Anche se mi ritengo un non credente, mi par di capire, dalla relazione di Sivalon, che i credenti possano rispondere positivamente alla domanda finale di Natoli circa il cristianesimo del futuro, proposto anche dai gesti di papa Francesco, come “fraternità” e “prossimità” all’altro, senza naturalmente obbligare il non credente a discernervi l’azione di Dio. Non vedo un’alternativa nella questione, come sembra affermare Natoli, perché il credente giustificherà la fraternità tirando in ballo Dio, mentre il non credente ignorandolo.

GABRIELE SMUSSI: Chiedo a Sivalon come si raccorda il suo discorso fra modernità e postmodernità con l’idea secondo cui il mondo è stato creato perfetto e poi l’uomo l’ha reso imperfetto col suo peccato, se poi si è cominciato a dire che il mondo è stato creato imperfetto e tocca all’uomo collaborare con Dio per perfezionarlo.

NAVA: Mi ha colpito la frase dell’anziano missionario in Tanzania, citata da Sivalon: “Non dimenticare che Dio era qui prima che arrivassi tu”. Mi sembra valida anche in tempo di nuova evangelizzazione, nel rapporto con la postmodernità, vista come opportunità, dono, per scoprire modi nuovi di rivelarsi da parte di Dio. Il collegamento all’incontro di Gesù con la samaritana, rappresentato dalla scultura menzionata, mostra la continuità tra le due figure (Gesù e la samaritana) che indica reciprocità. È un incontro paradigmatico, che dovrebbe ispirare il nostro modo di annunciare il Vangelo oggi.

NATOLI: Riguardo alla prima domanda, anch’io mi sono trovato in situazioni in cui ho incontrato l’altro – non so se convertito o meno –, che aveva un modo di vivere il cristianesimo con caratteristiche di estraneità, nel senso alto della parola, di ciò che non prevedi. Se tu non lo rifiuti preliminarmente, per paura o egoismo, è motivo di apertura, un annuncio che ti fa intuire che lì c’è dell’altro, qualcosa che ti fa crescere. Anche a partire da queste esperienze, più dei contenuti del cristianesimo mi incuriosisce il cristiano. Da quello che ho sentito oggi qui, c’è una forte sintoniaanche sul piano dei contenuti, mentre sul piano della prassi cristiana molte cose addiritturacoincidono.

Ma la mia domanda circa il dolore, se cesserà, circa la morte, se sarà vinta, circa il cristianesimo, se ha ancora a che fare con una promessa di vita futura:

tutto questo fa parte dell’annuncio cristiano? O l’annuncio è riducibile alla “fraternità”? Quest’ultimo è un bisogno umano, che precede il cristianesimo.

Lo troviamo anche in altre culture e religioni, per esempio nel buddhismo come compassione, nell’islamcome misericordia. È da discutere poi se san Paolo sia un convertito o meno. Il convertito di solito è chi passa da un’esperienza totale a un’altra, san Paolo non abbandona il giudaismo. Venendo alla dimensione della caritas, non è un proprium del cristianesimo. La pietas appartiene a tante espressioni religiose.

Se Gesù è l’incarnazione di Dio, non capisco che cosa voglia dire Dio, ma neanche Trinità, che peraltro è un’invenzione cristiana, probabilmente neoplatonica, estranea alla cultura ebraica. Non mi convince l’idea di un Dio come creatore del mondo, il Tu eterno, mentre mi convince l’intendere Dio come l’effettività del bene, per cui Gesù non è tanto Dio che si incarna, ma la possibilità di far diventare divini gli uomini in ragione della loro reciproca donazione, secondo la celebre espressione di Spinoza: “Homo homini Deus”. Dobbiamo intendere questo per Dio? Allora non capisco che cosa voglia dire conversione, se non l’esperienza di un altro che sente il divino in un modo diverso da me.

Quindi si può dire che l’esperienza del divino è un’esperienza di alterità, non l’alterità del riconoscimento reciproco, ma dell’eccedenza. E qui c’è lo spazio per credere o non credere. Riguardo alla seconda domanda, il  riconoscimento dell’alterità (fraternità) si trova già nel giudaismo e in altre culture. La regola aurea, nella doppia versione – quella negativa del “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” e positiva del “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”, che c’è nel Vangelo – si appella alla giustizia (“non nuocere agli altri”).

Ma siccome non siamo capaci di giustizia, l’unico modo per aiutarci è perdonarci, cioè la misericordia. Questo è assolutamente umano.

Per cui rilancio la domanda circa il cristianesimo, se la liberazione dal dolore e dalla morte faccia parte della sua essenza. Oppure il cristianesimo è farsi carico l’uno dell’altro? Nel secondo caso, io sareicristiano senza saperlo; se invece il cristianesimo è “risorgerete”, “non ci sarà più il dolore”, allora io non vi seguo più(anche se la morte oggi pare di casanel cristianesimo, come ha detto Sivalon; non era così per san Paolo, secondo cui la morte è entrata nel mondo perché c’è stato il peccato).

Ci sono elementi, per cui si può stare insieme, e altri che ci differenziano. Oppure le differenze si stanno estinguendo in questa dimensione del Cristo-caritas?

SIVALON: Per rispondere alla domanda sul mondo perfetto o imperfetto bisogna anzitutto riflettere su ciò che il termine “perfetto” può significare, perché secondo le Scritture Dio vide che era una cosa buona, non perfetta. Il mondo è una cosa buona, il problema è che noi abbiamo negato il buono che Dio ci ha messo dentro. La morte stessa era una cosa buona dentro il mondo creato perché proviene da Dio e dalla profondità del suo cuore.

Vorrei tornare alla storia della creazione e precisare un aspetto non appartenente alla tradizione: tradizionalmente si pensava che il peccato portasse la morte, ma se leggiamo attentamente le Scritture è il contrario. È il rifiuto della morte genera il peccato. Adamo ed Eva simboleggiano l’umanità che vuole farsi Dio: vogliamo diventare come Dio, cioè immortali. La punizione non è la morte, Adamo ed Eva non muoiono, ma rifiutano di essere umani. È questo che li porta al peccato, mentre la morte presente nella creazione li rendeva umani. Questo per dire che la morte è intrinseca alla creazione. È il nostro rifiuto di accettare la morte che porta al peccato e al male.

NATOLI: Qual è lo specifico cristiano? Nel mondo ebraico, almeno fino a Qohelet, la morte è un fatto naturale. Con la tradizione farisaica e il libro di Daniele, l’immortalità viene fatta risalire al fatto che bisogna garantire la giustizia,non all’anima che sarebbe immortale.

Era il tema non risolto da Qohelet: buoni e cattivi muoiono, allora qual èla benedizione di quelli che seguono la legge?

Ci dovrà pur essere un tempo, e quindi un luogo, in cui quelli che hanno vissuto rettamente avranno diritto alla felicità. E allora “splenderanno come stelle del cielo”, dice Daniele. Quindi nel giudaismo c’è una rettifica: tutti sanno, come ricorda Cullmann, che il cristianesimo non parla di immortalità, ma di risurrezione. Immortalità dell’anima o risurrezione dei morti? Nell’esegesi di Cullmann non c’è un’anima immortale che va all’Inferno, ma i buoni risorgeranno e i cattivi resteranno morti per sempre. Sul piano dell’esegesi c’è uno slittamento. Ma questo cambia con la figura della risurrezione di Cristo.

Per farla breve: se la morte rientra nell’ordine della natura e corrisponde all’accettazione della nostra finitezza, che differenza c’è tra Dioniso e Cristo?

Svanisce del tutto, perché Dioniso è il Dio che sempre nasce e muore e i greci dicevano che la hybris è negare la morte. E a chi gli chiede conto d’aver dato il fuoco agli uomini, Prometeorisponde: “Diedi loro la speranza cieca facendo loro dimenticar la morte”. NelPrometeo liberato, questi viene liberato perché si riconcilia con la morte, cioè l’accetta. A me va bene che Dioniso e Gesù Cristo siano la stessa cosa, non so se  va bene a voi.

GABRIELE SMUSSI: Vorrei sapere qualcosa del rapporto tra buddismo ed economia, perché ho notato in Giappone persone che si reputano religiose, ma nell’attività finanziaria agiscono con totale disinvoltura. Questo rientra nell’idea che l’economia sia una sfera esteriore, in cui ci si può regolare a proprio piacimento?

ROSANGELA VEGETTI: Le religioni asiatiche, come il buddismo, sentono l’esigenza di una dialogo con le altre fedi?

FAUSTO PIAZZA: Il racconto sui due monaci al fiume sembra confermare l’esistenza di un tabù che riguarda la donna, forse a motivo della potenza della sessualità. Non sarebbe ora di recuperare in un annuncio cristiano gioioso anche la dimensione spirituale della sessualità, non nel senso di una sublimazione, ma della rivalutazione del rapporto più profondo tra i due diversi che è in qualche modo figura della relazione trinitaria?

PEPPINO: Che pensa p. Tosolini dei tentativi di coniugare la fede cristiana col buddismo in Italia?

TOSOLINI: Sulla prima domanda posso dire che per il buddismo quello dei soldi è un “desiderio” da cui liberarsi, perché al centro dell’attenzione non è il “come vivere”, ma il “che cosa raggiungere”. Infatti sono i laici a provvedere al sostentamento del monastero, mentre i monaci devono dedicarsi alla meditazione per raggiungere il “risveglio” e non occuparsi delle cose terrene. Per un monaco inseguire l’arricchimento sarebbe del tutto insensato.

Circa la seconda domanda, è il cristianesimo ad aver portato in Oriente il dialogo con le religioni, perché quelle asiatiche non sentono alcun bisogno di conoscersi.

Per esempio, in Giappone esistono molte forme di buddismo, ma non configgono semplicemente perché si evitano. Circa la riscoperta della dimensione spirituale insita nella sessualità si può menzionare l’esistenza di un buddismo che assume il tantrismo, usando l’atto sessuale per raggiungere l’illuminazione. Infine, in Italia il buddismo è ormai una presenza consolidata, ma non vorrei che diventasse un oppio per il popolo, cioè che qualcuno vi si appoggiasse per trovare sicurezza di fronte a un mondo in rapidissimo cambiamento.

Slavoj Zizek dice: “Oggi: pur presentandosi come un rimedio contro la tensione e lo stress della dinamica capitalistica, che ci consente di liberare e mantenere la nostra pace interiore, in realtà il buddismo occidentale funge da perfetta appendice ideologica a questo tipo di dinamica. Invece di sforzarci di stare al passo col ritmo del progresso tecnologico e dei cambiamenti sociali, dovremmo lasciarci andare, vivere alla giornata, opponendo una distanza interiore basata sulla nozione che tutto questo sconvolgimento sociale e tecnologico è, in fin dei conti, solo un proliferare non sostanziale di sembianze, che non riguardano il nocciolo più recondito del nostro essere”.

MARCELLO STORGATO: Come reagiscono gli studenti all’apprendimento cooperativo, quali sono i risultati in termini di conoscenza delle materie d’insegnamento e come avviene la valutazione?

DAMINI: In generale gli studenti esprimono una grande soddisfazione, dichiarando di imparare di più e meglio, come è confermato da tutte le ricerche internazionali. Anche la valutazione è cooperativa. Essa non considera solo il prodotto, ma anche il processo per raggiungere un determinato risultato e quello che cambia negli studenti a livello di apprendimento sia cognitivo sia sociale. Una valutazione cooperativa riguarda il singolo, ma considera altri elementi, come l’autovalutazione degli studenti e quella del gruppo, oltre che quella nella verifica individuale.


(A CURA DI MAURO CASTAGNARO)



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