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Il Kenya è poco conosciuto dagli italiani, eccetto per Malindi, a causa dei turisti, e per Korogocho e Kibera, le baraccopoli di Nairobi, grazie ai racconti di p. Alex Zanotelli e al Forum mondiale sociale dell'anno scorso. È stato considerato un'oasi di stabilità  e di pace. Nairobi ha gareggiato con Dakar e Johannesburg come sede di multinazionali e istituzioni finanziarie. È stato una colonia della Corona britannica per circa 80 anni (1887-1963).

Alla vigilia dell'indipendenza, 200.000 coloni e commercianti inglesi tenevano in mano sia il potere sia le terre migliori per piantagioni di vario tipo guadagnando 55 milioni di dollari con la vendita di 2 milioni di ettari. Dal 1964 il Kenya  ha avuto solo tre presidenti: Jomo Kenyatta (16 anni), Daniel Arap Moi (24 anni) e Mwai Kibaki (dal 2002). Quest'ultimo fu eletto per salvare il Paese dalla stagnazione economica, dall'enorme disuguaglianza e soprattutto dalla corruzione.

In quarant'anni di indipendenza la popolazione si è quadruplicata (da 9 milioni a 36 milioni); il Prodotto interno lordo (Pil), mal distribuito, è aumentato, ma è solo di 21 miliardi di dollari all'anno, cioè di 550 (2005) dollari per abitante. Un paragone con la Tunisia, povera di risorse naturali come il Kenya e con 10 milioni di abitanti, permette di comprendere la differenza: il Pil del Paese nordafricano è di 30 miliardi di dollari all'anno, cioè 3.000 dollari per abitante. Mwai Kibaki, una volta eletto, ha messo da parte gli ispiratori del programma elettorale, come John Githongo, denominato lo "zar" della Commissione anticorruzione, che dopo aver dato le dimissioni, vive ora in esilio a Londra.

È risaputo che il nemico numero uno, e non solo in Kenya, è la corruzione anziché la divisione etnica o il tribalismo. Può sembrare meno tragica del genocidio, ma fa esplodere la violenza nelle città, mette in movimento sentimenti di collera covati in anni di sopportazione, scoraggia qualsiasi investimento estero. "Dove sono andati a finire i soldi?", è la domanda da 188 milioni di dollari (di Edward Clay, l'Ambasciatore britannico), tuttora mancanti nelle casse dello Stato che avrebbero potuto costruire 15.000 nuove classi per gli studenti kenyani.

La corruzione uccide il futuro dei Paesi, è un crimine contro l'umanità. E allora de crimine agitur, dicevano gli antichi romani.

La Danimarca ha cancellato il Kenya dalla lista dei Paesi da aiutare e così la Germania e la Norvegia. L'Unione Africana  ha perfino adottato una Convenzione per prevenire e combattere la corruzione e 30 Paesi l'hanno firmata. Ma solo tre l'hanno ratificata.

 C'è stata negli ultimi mesi un'iniziativa degna di essere menzionata. La Fondazione Mo Ibrahim (un multimilionario sudanese e fondatore di Celtel, società di telecomunicazioni,) ha premiato Joaquim Alberto Chissano, l'ex presidente del Mozambico, per la migliore "governance" in Africa e gli ha consegnato cinque milioni di dollari. Per quali imprese straordinarie? Ha fatto uscire il Paese dalla guerra civile, ha varato una Costituzione che ha favorito leggi che tutelano i diritti umani e ha intrapreso programmi per vincere la povertà, promuovendo la riconciliazione. E poi, alla fine del secondo mandato, nel 2005, si è ritirato dalla politica, senza spargimento di sangue.

Harambee (in swahili, uniti), Kenya! Ma contro la corruzione!



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