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ELIA PROFETA DI UN DIO SENZA CONFINI NAZIONALI

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Tra le figure profetiche che entrano in scena nei libri storici della Bibbia emerge certamente Elia, originario di Tisbe di Galaad. Il nome significa “YHWH è mio Dio” e intende proclamare il Dio d'Israele come unico e vero Dio in contrasto con tutti gli altri dei. Le sue vicende sono narrate da 1Re 17 a 2Re 1: Elia entra in scena senza alcun preavviso e alla fine è rapito in cielo. Svolge la sua attività nel regno d'Israele sotto i re Acab (873-853) e Acazia (853-852), la cui condotta è censurata dagli scrittori biblici come infedele al Dio dei padri. Lo stile di vita del profeta – di fatto vive pressoché isolato – e il suo aspetto esteriore (2Re 1,8) sono in linea con la radicalità della sua proposta.

IN UN TEMPO DI INFEDELTÀ

La narrazione biblica presenta il regno di Acab come un'epoca di apostasia: a motivo del matrimonio del re con la principessa fenicia Gezabele, figlia del re di Tiro, Etbaàl, nel regno si era diffuso il culto a Baal, nome generico che probabilmente copre quello del dio della città di Tiro, Melqart. Questo non significava che YHWH fosse stato soppiantato: il re adorava ancora il Dio dei padri, ma avendo fatto costruire un tempio e un altare a Baal nella sua capitale aveva trasgredito il primo comandamento, che vincola all'adorazione esclusiva a YHWH. Ovviamente ciò suscitò la protesta di coloro che volevano mantenersi fedeli al Dio d'Israele e tra questi un ruolo di primo piano fu assunto da Elia.

ELIA ANNUNCIA LA GRANDE SICCITÀ

Elia iniziò la sua attività profetica con un terribile annuncio rivolto al re: “Per la vita del Signore, Dio d'Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io” (1Re 17,1). L'economia della regione era totalmente basata sull'agricoltura e sulla pastorizia; dato però che la Palestina non è una regione bagnata da fiumi che scorrono nelle vallate, l'approvvigionamento idrico dipende da fonti e dalla pioggia, che negli anni positivi si concentra in due periodi: uno più breve, in autunno, e uno con precipitazioni più copiose verso la fine dell'inverno. In assenza di pioggia, l'economia era praticamente ferma.

Prima di entrare nella terra, Dio aveva garantito al popolo la benedizione tramite la pioggia, a patto che si mantenesse fedele all'alleanza (così il libro del Deuteronomio). Il popolo si era però rivolto a un'altra divinità, dimenticando la fonte della benedizione: in questo consiste il vero contraddittorio e questo spiega anche perché la contesa tra le due divinità culmini nella scena del monte Carmelo, in cui ci appella alle divinità per ottenere la pioggia e YHWH dimostrerà l'inefficacia del ricorso a Baal.

FUGGE DAL RE, MA DIALOGA CON LA VEDOVA STRANIERA

Dopo il suo annuncio, Elia fu costretto a fuggire, per evitare la ritorsione del re e si ritirò presso un torrente a oriente del Giordano. Dopo un certo tempo il torrente si seccò e, per ordine di Dio, si recò in terra straniera, a Sarepta, un villaggio in riva al mare nei pressi di Sidone. Dio lo inviò da una vedova palesemente povera, come mostra il dialogo tra lei e il profeta.

Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: "Prendimi un po' d'acqua in un vaso, perché io possa bere". Mentre quella andava a prenderla, le gridò: "Per favore, prendimi anche un pezzo di pane". Quella rispose: "Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo" (1Re 17,10-12).

Elia non fa nessuna presentazione: interpella direttamente la donna e le chiede da bere. Ed ella si mette subito in moto. Allorché però il profeta le chiede del pane, ella risponde presentando la sua situazione: la vedova non respinge il profeta, ma poiché egli l'ha messa in una situazione impossibile, si giustifica. Il lettore non può che approvare la sua decisione, poiché ella non conosce chi le sta dinnanzi e non sa di quali poteri disponga.

A questo punto Elia le promette che, se accetterà di dargli da mangiare, la farina e l'olio non si esauriranno (17,13-14), ma è evidente che la donna non ha motivi per dargli fiducia: per lei che è fenicia, non si tratta che di uno straniero, dall'aspetto forse poco rassicurante (“un uomo coperto di peli”, cfr. 2Re 1,8). Perché dunque risponde positivamente? “Accogliendo la richiesta del profeta, la vedova fa esattamente quello che non ci si aspetterebbe da lei; non per interesse e neppure per timore, ma per pura carità” (M. Masson). Al centro del dialogo sta il riferimento al Dio d'Israele a cui entrambi i protagonisti si appellano: la donna con una formula di giuramento ("per la vita del Signore"), il profeta introducendo una solenne dichiarazione ("così dice il Signore, Dio d'Israele").

In tal modo entrambi sottolineano che YHWH è il Signore della creazione e quindi che il suo potere non è limitato al paese d'Israele.

COME GESÙ IN TERRITORIO PAGANO

Anche Gesù affrontò un viaggio nella Fenicia (Mc 7,24-30); non sappiamo lo scopo di questa escursione in territorio pagano. Forse il fatto che nella pericope precedente Marco abbia collocato una disputa di Gesù con scribi e farisei sulle abluzioni rituali e sulle leggi alimentari, stabilendo un certo distacco da pratiche specificamente ebraiche, ha aperto la strada al contatto di Gesù con i pagani e il viaggio ne può essere l’occasione. Non sembra, però, che Gesù intenda favorire tale contatto, dato che si tiene appartato (v. 24), quindi non ha alcuna finalità missionaria.

MOSSO DALLE “BRICIOLE” DI FEDE DI UNA STRANIERA

Una donna della regione cerca di entrare nella casa, perché ha una figlia tormentata da uno spirito impuro. La conversazione che segue è unica nei Vangeli e in essa si incontrano due metafore, una usata da Gesù e l’altra dalla donna: quella dei figli e dei cagnolini e quella del pane e delle briciole. La metafora “figli-cagnolini” descrive la relazione tra ebrei (i “figli”) e pagani (i “cagnolini”): al di là del riferimento a modi di dire ebraici, che potrebbero aver condizionato le affermazioni di Gesù, resta il fatto che evocare una simile contrapposizione alla presenza di una donna pagana è un atto ingiurioso.

Non è detto però che Gesù voglia semplicemente offendere o sbarazzarsi della donna: potrebbe essere un modo per mettere alla prova la fiducia di questa donna.

FORZA I TEMPI DI DIO

In effetti ella non si perde d’animo e ribatte con la metafora del pane e delle briciole, con la quale il racconto riprende il tema del cibo e del mangiare, che era al centro dei due episodi precedenti e che richiama anche la scena della moltiplicazione dei pani (cfr. Mc 6,35-44). La donna riconosce che i “figli” vengono prima e non vuole forzare i tempi di Dio, sapendo che il tempo dei pagani non è ancora venuto. Ciò che chiede a Gesù – la liberazione della figlia dallo spirito impuro – è così piccolo che gli ebrei non ci rimetteranno nulla. La visione di Dio che ha questa donna è talmente ampia da farle intravvedere che l’orizzonte della salvezza si estende ben al di là del popolo eletto. La donna ha già intuito che il Dio di Gesù non fa distinzioni tra persone.

E DÀ A TUTTI ACCESSO ALLA SALVEZZA

Gesù riconosce l’acutezza e la proprietà della sua replica e acconsente. Nessun gesto accompagna le parole di Gesù, né egli si reca alla casa della donna: a lei basta l’assicurazione datale da Gesù, proprio come farà un altro pagano, il centurione.

La parola di Gesù colma le distanze, anche quelle che gli esseri umani creano fra loro: per la fede della donna, Gesù supera la distanza tra ebrei e pagani e dà accesso a tutti alla salvezza.

Come la carità della donna di Sarepta, anche la fede della donna fenicia mostra che il Dio che si è rivelato al Sinai non limita il suo agire provvidente: egli va incontro a chiunque apre la porta della sua casa e riconosce nel suo inviato non il portatore di una dottrina che intende dividere gli esseri umani, ma quel Vangelo che è salvezza per chiunque crede (Rm 1,16): la salvezza – e il pane che ne è simbolo – non sono solo per i figli, ma anche per tutti coloro che, guariti dalla fede, si rifugiano sotto le ali del Dio vivente (Rut 2,12).



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