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Questo articolo è stato scritto prima del referendum del 3 settembre, che ha respinto con oltre il 60 per cento dei voti la nuova Costituzione approvata dall’Assemblea costituente. Sulla vittoria dei “no” ha pesato la propaganda della destra politica, dell’oligarchia economica e dei mass media conservatori, che paventavano l’eliminazione della proprietà privata e l’esproprio da parte dello Stato dei risparmi accantonati dai lavoratori per la pensione.

Appare molto incerto, alla vigilia del voto, l’esito del referendum del 4 settembre sulla nuova Costituzione presentata il 4 luglio dalla Convenzione costituzionale dopo circa un anno di lavoro. I sondaggi danno in vantaggio il “Rifiuto”, promosso dalla destra politica, dall’oligarchia economica e dai grandi mass media conservatori, che paventano l’eliminazione della proprietà privata e l’esproprio da parte dello Stato dei risparmi accantonati dai lavoratori per la pensione, mentre ad appoggiare l’“Approvo” sono i partiti di centro e di sinistra, ma la mobilitazione popolare per superare la Magna Charta autoritaria, centralista e ultraliberista, varata nel 1980 dalla dittatura militare del gen. Augusto Pinochet sembra essersi sgonfiata nella crisi economica e nel mancato accoglimento delle rivendicazioni economiche e ambientali più innovative.

I CONTENUTI DELLA NUOVA COSTITUZIONE

Il nuovo testo, comunque, contiene importanti novità, prima di tutto in materia di uguaglianza di genere, per esempio con l’inclusione del diritto alla cura e del principio di parità per le cariche di rappresentanza popolare. Introduce poi il concetto di plurinazionalità e interculturalità, riconoscendo i popoli indigeni, a cominciare dai mapuche, ed è pervasa da una forte sensibilità ambientalista, sancendo i diritti della natura e il dovere dello Stato di amministrare i beni comuni naturali (proteggendo i ghiacciai e le zone umide), e garantisce a tutte le persone il diritto all’acqua, dichiarandola un bene pubblico di cui non ci si può appropriare in nessuna fase del suo ciclo. Ampio spazio la nuova Costituzione attribuisce anche ai diritti sociali, quasi assenti in quella pinochetista o il cui soddisfacimento era affidato solo al mercato, sulla base di una “libertà di scelta” in realtà collegata al reddito individuale; il testo proposto ora definisce invece il Cile “uno Stato sociale, democratico di diritto” e affianca ai classici diritti alla salute, all’istruzione, alla sicurezza sociale e all’abitazione (quest’ultimo completamente assente nella Costituzione del 1980), alcuni diritti specifici per gruppi particolarmente tutelati, come i bambini e gli adolescenti, gli anziani e le persone con disabilità. Sul piano dell’organizzazione dello Stato l’innovazione principale consiste in un ampio processo di decentramento dei poteri, che implica la creazione di autonomie regionali e comunali, cui vengono trasferite rilevanti competenze in materie di sviluppo locale, e culmina nella sostituzione del Senato con una Camera delle regioni, mentre la partecipazione dei cittadini viene incentivata dall’introduzione di nuovi strumenti come l’iniziativa popolare di legge, nonché referendum e consultazioni a tutti i livelli. Infine, raccogliendo il disagio verso le molte situazioni di trattamento diseguale (per esempio, le modeste sanzioni comminate per reati finanziari in comparazione con quelle erogate per piccoli illeciti) il nuovo testo dispone che vengano perseguiti tutti i comportamenti contrari all’interesse sociale, come la collusione e gli abusi che pregiudicano il funzionamento efficiente ed equo, imponendo allo Stato di sradicare la corruzione e di garantire la trasparenza dell’informazione pubblica.

LE POSIZIONI DEI CRISTIANI

Sulla bozza di nuova Costituzione si è espressa anche la Conferenza episcopale del Cile, con un lungo documento in cui i vescovi invitano a “votare secondo coscienza” e dicono di “apprezzare la sua proposta sui diritti sociali, l’ambiente e il riconoscimento dei popoli indigeni. Facciamo una valutazione negativa delle norme che permettono l’interruzione della gravidanza, lasciano aperta la possibilità dell’eutanasia, sfigurano il concetto di famiglia, limitano la libertà dei genitori sull’insegnamento per i loro figli, il diritto all’istruzione e alla libertà religiosa”.

A favore dell’“Approvo” si sono però schierate diverse centinaia di personalità ecclesiali, come Alvaro Ramis, ex rettore dell’Università accademia dell’umanesimo cristiano, o Jaime Escobar Martinez, editore della rivista Reflexión y liberación, e gruppi di base come la Comunità cristiana di base José Aldunate o Donne-Chiesa. In campo protestante, la Piattaforma evangelica nazionale, che riunisce una trentina di gruppi di pastori e leader di diverse denominazioni, si è espressa contro la nuova Costituzione, giudicandola “statalista”, stigmatizzando “i privilegi” attribuiti ai popoli indigeni e alle “dissidenze di sesso-genere” nonché “il mancato riconoscimento del popolo evangelico”, e denunciando che “non mette al centro la persona”, poiché “non riconosce il nascituro”. I favorevoli si sono invece uniti nel movimento Approvo evangelico

GLI SCENARI POST-VOTO

L’incertezza del risultato del referendum ha innescato un forte dibattito sul post-voto. I promotori dell’“Approvo” si sono impegnati, una volta ratificato l’attuale testo, non solo ad attuarne le disposizioni, ma anche a varare leggi che ne applichino i principi tenendo conto delle critiche mosse a formulazioni ambigue o controverse. Destra politica ed élite economica chiedono invece di “rifiutare per riformare”, assicurando che appoggerebbero la stesura di una nuova Costituzione da parte dell’attuale Parlamento, di un gruppo di esperti o di una nuova Convenzione costituzionale eletta senza le “distorsioni elettorali” della prima (membri indipendenti, seggi riservati agli indigeni e parità tra uomini e donne). Di certo se la proposta costituzionale venisse respinta, il governo del presidente progressista Gabriel Boric ne uscirebbe molto indebolito e il paese si troverebbero nella paradossale situazione di aver respinto con oltre il 78 per cento la vecchia Costituzione, ma di aver poi bocciato quella proposta dall’organo più democratico e pluralista della sua storia repubblicana.



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