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BURUNDI / CENTO ANNI DI CONFLITTI ETNICI

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Twa, hutu e tutsi vivono insieme in questa regione da almeno 500 anni. All’inizio del XIX secolo, il paese è colonizzato dalla Germania, che dopo la Prima guerra mondiale lo cede al Belgio, sotto il nome di Rwanda-Urundi.

L’amministrazione belga (poggiata sull’oligarchia tutsi) esaspera ad arte le divisioni etniche, causando la nascita di movimenti nazionalisti, come il Partito dell’Unità e del Progresso Nazionale (Uprona), guidato da Louis Rwagasore, che diverrà primo ministro e sarà in seguito assassinato.

L’indipendenza, ottenuta nel ‘62, non pacifica il paese: i primi anni sono contrassegnati dalla violenza, con migliaia di hutu costretti a fuggire. Nel 1965, gli hutu vincono le elezioni parlamentari, ma il re Mwabutsa IV rifiuta di proclamare un Primo ministro hutu, scatenando un tentato golpe, soffocato dall’esercito. Il re è deposto dal figlio Ntare V, rovesciato a sua volta dopo soli quattro mesi da Michel Micombero, che si autoproclama presidente.

Le violenze proseguono, fino a sfociare nel 1972 nel massacro di 120mila hutu, sollevatisi contro il governo. Moltissimi altri lasciano il paese e ora, quarant’anni dopo, stanno rientrando e reclamano le loro terre, creando un enorme conflitto fondiario.

La nuova Costituzione del 1981, fa del Burundi uno Stato a partito unico, l’Uprona. Nell’87, il presidente Bagaza è deposto da Pierre Buyoya. L’anno seguente, migliaia di hutu sono massacrati e altre migliaia lasciano il paese. Nel ‘92, un referendum sceglie il multipartitismo. L’anno seguente il Frodebu di Melchior Ndadaye vince le elezioni, portando a un governo filo-hutu, ma in ottobre Ndadaye, divenuto presidente, è ucciso da soldati tutsi.

Ciò scatena per rappresaglia il massacro dei tutsi e l’avvio di un conflitto etnico che produrrà 300mila morti. Nel gennaio ‘94 il parlamento proclama presidente l’hutu Cyprien Ntaryamira, ma il 6 aprile l’aereo su cui viaggiano lui e il suo omologo ruandese è abbattuto e scatena il genocidio in Rwanda. Scontri e tensioni continuano fino al 2000, quando il governo e tre fazioni tutsi firmano un cessate-il-fuoco, rifiutato però dai due principali gruppi hutu.

La mediazione di Nelson Mandela, nell’ottobre 2001, porta a un governo di transizione, ma nel luglio 2003, un assalto dei ribelli alla capitale finisce in un bagno di sangue. A novembre, il presidente Ndayizeye e i ribelli hutu dell’Fdd (guidati da Pierre Nkurunziza) raggiungono un accordo.

Le Nazioni Unite, nel 2004, inviano truppe di peacekeeping. L’anno seguente Nkurunziza diventa presidente, confermato dalle presidenziali nel 2010, mentre le opposizioni boicottano il voto, denunciando brogli, e formano una nuova coalizione, l’Adc-Ikibiri (Alleanza dei Democratici per il Cambiamento). Il 2011 porta restrizioni alla libertà di stampa e oltre 300 morti in cinque mesi, tra cui vari oppositori. Ancora nel marzo di quest’anno, diversi oppositori sono stati condannati alla prigione a vita.

La tensione resta alta in vista delle presidenziali del 2015. Il parlamento per ora ha bloccato il tentativo del governo di modificare la costituzione e alterare il bilanciamento dei poteri fra gruppi etnici.



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