Siamo ancora nell’onda della pandemia... Ma non siamo mai soli, Dio è con noi. La terra è il luogo (tempo) della semina. A noi è affidata la crescita. La malattia fa parte della vita. Un tempo l’uomo si rivolgeva a Dio, oggi soprattutto alla scienza. Il letto dell’ospedale per una malattia seria diventa occasione di verità. L’uomo impara a parlare con Dio. Gli interrogativi diventano preghiera, esperienza dello Spirito, che libera da false illusioni e dalle nostre immagini di Dio, dalla gabbia in cui lo imprigionano i nostri ragionamenti.
Dio ha bisogno della nostra preghiera perché impariamo ad andare alla fonte. La preghiera biblica – i Salmi in particolare – ci apre alla libertà. “Correggimi senza collera!”. Non è un tribunale ma una relazione, un rapporto filiale, un’attesa dall’Alto. Se nelle nostre notti di ospedale desideriamo vedere le mani di Dio, dobbiamo riconoscerle in quelle delle infermiere, degli infermieri e dei medici, di quelli che stanno accanto a noi. Quante notti lo ha fatto mia sorella!
Dio non vuole il nostro dolore e ci accompagna sempre, come ha fatto con Gesù. “L'anima mia è turbata...”. Venne una voce dal cielo: “Lo glorificherò”. Sul Golgota il Padre stava sulla stessa croce del figlio. E Gesù ha detto ai suoi: “Ora voi siete nel dolore; ma io vi rivedrò e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia”.
“Gesù vuole – scrive papa Francesco – che tocchiamo la carne sofferente degli altri”. Ricordo la “tempesta” del colera a Goma (Congo RD)... Partivano undici camion al giorno, pieni dei corpi di coloro che ci lasciavano. “Oggi sarai con me in paradiso”. Era la sola preghiera che potevo fare passando per le vie della città. Sentivo che la carezza di Dio passava anche attraverso di me. Certo che là, dove nessuno può accompagnarci, Lui ci aspetta. Ciao, Silvio.
