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TSHISEKEDI PRESIDENTE DELL’UNIONE AFRICANA

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Il presidente del Congo RD, Felix Tshisekedi, è dal 6 febbraio scorso il nuovo presidente, per un anno, dell’Ua (Unione Africana). Succede al suo omologo sudafricano, Cyril Ramaphosa. L’ultimo congolese ad occupare questo incarico è stato Mobutu Sese Seko, nel 1967, quando il panafricanismo si riuniva attorno alla sigla Oua (Organizzazione dell’Unità Africana). È stata questa scadenza probabilmente che ha indotto Tshisekedi ad accelerare il cambio della coalizione che sosteneva, con Kabila, il governo. Incaricando Modeste Bahati Lukwebo, senatore indipendente, come “informatore” presso l’Assemblea nazionale, Tshisekedi voleva sondare la possibilità di una nuova maggioranza che gli garantisse maggior libertà d’azione. Le consultazioni di Lukwebo hanno effettivamente evidenziato una nuova maggioranza, che si è concretamente espressa il 23 gennaio 2021, con la mozione di sfiducia votata dalla maggioranza dei parlamentari e senatori nei confronti del primo ministro pro-Kabila, Sylvrestre Ilunga Ilukamba. Inoltre, con la caduta della presidente dell’Assemblea nazionale, Jeannine Madumba, è venuto meno un altro elemento chiave del “sistema Kabila”. 

Il 28 gennaio 2021 Lukwebo ha presentato il suo rapporto al presidente con la lista di 391  deputati aderenti alla nuova coalizione definita della “Sacra Unione”. Si è trattato di un vero e proprio rovesciamento delle parti all’Assemblea nazionale dove l’ex presidente Kabila si era assicurato più di 300 deputati su un totale di 500. Quattro giorni dopo le dimissioni del primo ministro è stato il turno del presidente del Senato, Alexis Thambwe Mwamba, colpito da uno scandalo giudiziario e finanziario, per malversazione di fondi pubblici. La mozione di sfiducia è stata firmata da 64 senatori su 109. Senza aspettare la sessione plenaria, il 5 febbraio 2021, con una lettera, il senatore Tambwe ha rassegnato le dimissioni. Cade cosi anche l’ultimo simbolo del “sistema Kabila” al comando delle grandi istituzioni politiche del paese. L’attuale silenzio stampa di Kabila, però, è poco rassicurante, perché l’ex presidente conserva ancora un’influenza su molte leve del potere, come la finanza, l’esercito e i servizi segreti. 

I congolesi, da fini analisti politici quali sono e da cittadini disincantati si pongono però molte domande di fronte a questo cambio d’orizzonte. Come funzionerà questa “Sacra unione”, formata in maggioranza da ex alleati di Kabila? Da chi sarà composta l’opposizione, se la piattaforma “Lamuka”, la maggiore e più organizzata, si è orami frantumata? Quale garanzia offriranno i nuovi responsabili del Parlamento e del Senato, nelle persone di Christophe Mboso N’kodia Pwanga, 79 anni, a servizio di Mobutu dal 1977 ed ex senatore di Kabila; e di Leon Mamboleo, 87 anni, già ministro di Moïse Tshombe nel 1964? Dove sono le nuove personalità per la costruzione del paese? Cosa significa questa transumanza politica? Insomma, questo riciclaggio politico non promette nulla di buono per il comune cittadino, che teme anzi una nuova ammucchiata con discussioni interminabili senza ricadute concrete sulla popolazione che vive ormai da anni allo stremo delle sue possibilità. 

Tshisekedi ha, però, mostrato una strategia sul piano politico e delle capacità che pochi avrebbero considerato vincenti. Ed è in questa, ancora presunta, posizione di forza che si è presentato ad Addis Abeba, sede dell’Ua, con la dignità di un capo di Stato e non come una marionetta. Il programma, però, delineato dal presidente  congolese per il continente tocca punti che lui stesso non è ancora riuscito a risolvere in patria. Tshisekedi potrebbe, però, affrontare le emergenze del continente con l’esperienza e l’energia con cui ha affrontato le emergenze del suo paese, un continente nel continente. L’emergenza sanitaria del Covid-19, per esempio, che in Congo RD è correlata alla ripresa dell’epidemia di Ebola e con una nuova impennata di casi di morbillo. L’emergenza della sicurezza nell’Est del paese, che l’obbligherà ad affrontare i teatri di guerra civile in Libia, Centrafrica, Senegal, Camerun, Sahel (Mali, Burkina-Faso, Niger, Nigeria) dove imperversano gruppi jihadisti, nel Tigrai (Etiopia), in Somalia e Mozambico. L’emergenza delle barriere doganali interne, di ogni genere e grado, fatte da militari, poliziotti e altri impiegati dello Stato, persino tra una provincia e l’altra, che vanno tolte se si vuole creare la Zlec (Zona di libero scambio continentale). Questo garantirebbe libertà di movimento di beni e persone tra tutti gli Stati africani diminuendo angherie, abusi e corruzione. 

Gli altri ambiti d’azione citati nel programma panafricano, come per esempio accelerare le grandi strutture, sostenere la lotta contro il cambiamento climatico, promuovere e sviluppare il capitale umano africano, lottare per le pari opportunità di genere, sviluppare il potenziale artistico e il patrimonio culturale africano, sono tutti ambiti problematici in Congo RD, oltre che nel continente, per i quali Tshisekedi, presidente del Congo RD con una nuova maggioranza e presidente dell’Ua, avrà ora la possibilità di mostrare al mondo il suo savoir-faire!



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