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SMETTETE DI UCCIDERE I VOSTRI FRATELLI / L’ULTIMO GRIDO DEI VESCOVI DEL CONGO RD

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“Smettete di uccidere i vostri fratelli”. La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo (Gn 4,10). È il titolo dell’ultimo Messaggio della Commissione permanente della Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo) sui massacri nell’Est del paese, dell’8 aprile 2021. Da due decenni – denunciano i vescovi – l’Est del paese è tragicamente funestato da conflitti armati e da una permanente insicurezza, che hanno provocato morti, desolazione e migrazione della popolazione. Ma finora i loro appelli sono caduti nel vuoto.

La Chiesa ha manifestato la sua solidarietà a livello continentale inviando una delegazione dell’Aceac (Associazione delle conferenze episcopali dell’Africa Centrale), integrata da alcuni membri della Cenco, nelle diocesi più colpite, come Goma, Butembo-Beni e Bunia, dal 14 al 26 gennaio 2021. Dopo quella visita, i vescovi hanno lanciato un appello pubblico al presidente del Congo sperando in una maggior mobilitazione del paese. La loro denuncia è inequivocabile: le violenze nell’Est del paese servono a mascherare l’occupazione delle terre ricche di risorse naturali, per il loro sfruttamento illegale, per l’arricchimento senza scrupoli di alcuni gruppi, fenomeni tutti accompagnati dall’islamizzazione della regione a scapito della libertà religiosa. Le vittime sono migliaia, gli sfollati superano i 3 milioni, le persone rapite sono più di 7500. A questo si aggiungono distruzioni di villaggi, chiusure di scuole e dispensari, saccheggio degli uffici amministrativi, delle colture nei campi e del bestiame. Queste scorrerie sono condotte da gruppi armati, alcuni dei quali ispirati a un’ideologia satanista. 

I vescovi passano in rassegna le diverse zone dell’Est del paese fornendo dati precisi. Nella zona di Butembo-Beni, per esempio, si segnalano scontri che si configurano come conflitti intercomunitari; altri sembrano di natura religiosa per far fronte all’islamizzazione in corso; altri sono vere e proprie operazioni militari. I vescovi però ritengono che ciò che alimenta tutti questi conflitti sia la volontà di balcanizzare il paese per depredarlo meglio. Nella Provincia dell’Ituri, con capoluogo Bunia, la situazione appare addirittura più complessa, in quanto politici e amministratori sembrano complici dei gruppi armati, che coabitano con le forze armate governative. Tutti gli uomini in armi, poi, ricattano la popolazione inerme con esosi pedaggi passando da un territorio controllato da un gruppo ad un altro. 

Da qui la denuncia delle Fardc (Forze armate della Repubblica Democratica del Congo), che sembrano impotenti di fronte ai massacri e saccheggi da parte dei gruppi armati. I militari regolari sembrano non reagire alle provocazioni dei gruppi armati, anche perché non sufficientemente motivati dai loro stessi ufficiali, che si appropriano dei soldi della truppa e pensano più agli affari che a difendere la popolazione. Inoltre, gli ufficiali dimostrano poca cura nel recuperare i corpi dei militari morti in battaglia; c’è poi il fenomeno dell’infiltrazione di elementi stranieri che integravano gruppi di ribelli sostenuti dai paesi vicini; ma anche la grande porosità delle frontiere che facilita l’entrata di militari e armi dai paesi vicini. In questa tragica situazione, lo Stato è praticamente assente e la popolazione si sente abbandonata. Banditismo e affarismo ne approfittano. 

I vescovi non risparmiano critiche nemmeno alla Monusco (Missione dell’Onu per la stabilizzazione del Congo), accusata dalla popolazione di passività e persino di complicità con i gruppi violenti. La sua presenza suscita sempre più sospetto e scetticismo perché non è riuscita a nemmeno a fermare i massacri a pochi metri dalle sue postazioni. In seguito a queste critiche la Monusco ha deciso di riaprire alcune basi chiuse da tempo per creare dei corridoi di sicurezza. 

I vescovi concludono il loro Messaggio con alcune raccomandazioni. La prima è un invito a fare una nuova analisi della realtà del paese. La seconda riguarda l’esercito nazionale: si faccia un monitoraggio sul pagamento effettivo di tutti i soldati; si spostino dai luoghi di conflitto quei soldati che hanno integrato gruppi di ribelli; si rinforzino gli effettivi con mezzi logistici adeguati ecc. Non mancano raccomandazioni di natura sociale, in vista del disarmo e reinserimento civile di coloro che hanno servito nei gruppi armati. I vescovi raccomandano di creare tempi e spazi di dialogo al fine di promuovere i valori della pace. Importante, secondo i vescovi, è anche l’impegno della comunità internazionale per la soluzione dei conflitti e la certificazione dei prodotti agricoli e minerali che circolano nella regione. 

La situazione nell’Est del Congo RD è così grave che i vescovi, per l’ennesima volta, si sono sentiti obbligati a dare consigli di natura politica e addirittura militare e logistica, oltre che sociale alle istituzioni dello Stato e persino alle forze dell’Onu. Con questo Messaggio i vescovi hanno voluto, una volta di più, lanciare un forte grido nei confronti delle istituzioni perché escano dalla latitanza e assumano posizioni più responsabili nei confronti di una realtà così tragica, da sembrare ingovernabile.



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