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PONTI E NON MURI / ECHI DI UN “PELLEGRINAGGIO DI GIUSTIZIA”

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“Ponti e non muri” è la campagna promossa da Pax Christi Italia per denunciare i soprusi, condividere le sofferenze e le speranze del popolo palestinese e della sua terra martoriata, promuovendo azioni e incontri che sviluppino percorsi di pace. Tra queste azioni ci sono i “Pellegrinaggi di giustizia”, costruiti non con l’obiettivo prevalente di visitare i “luoghi santi”, che pure sono un aspetto importante del viaggio, ma per incontrare, conoscere i volti, ascoltare le storie di chi cerca di sopravvivere, tra mille soprusi, ad una delle colonizzazioni più lunghe della storia. 

È terminato pochi giorni fa uno dei tanti “Pellegrinaggi di giustizia”, interrotti soltanto dalla pandemia. Questi gli echi inviati in Italia da alcuni partecipanti, perché non cessi di risuonare il dolore di quella terra, l’ingiustizia che l’attraversa e la speranza di una pace possibile, anche se lontana. “La questione palestinese è questione di diritti: vogliamo essere liberi nella nostra terra”, ha dichiarato Nidal Salameh, medico, direttore sanitario della clinica Al Sadaqa, ai 35 partecipanti al “Pellegrinaggio di giustizia”. Per la sua ferma  e costante convinzione che i diritti appartengono a tutti, ha pagato un prezzo altissimo: un anno di arresto per aver studiato all’estero, il successivo divieto di proseguire i propri studi in Italia e l’arresto dei figli di 16 e 13 anni. Eppure il dott. Nidal resiste, si oppone all’ingiustizia in modo nonviolento, nonostante quel muro di cemento che sembra circondare e soffocare anche la più piccola ambizione di libertà. Di seguito le testimonianze di altri due partecipanti.

Beit Jibrin Camp è un quartiere periferico di Betlemme. Apparentemente un semplice quartiere degradato di periferia. In realtà un campo profughi. Siamo soliti immaginare tali campi con grandi tendopoli, come quelli che i media trasmettono nei tg. E temporanei. A Beit Jibrin vivono dal 1950 tantissimi palestinesi. Oltre 2.900 persone in un quarto di chilometro quadrato. Vicoli stretti, costruzioni che si estendono in altezza. Persone senza diritti, senza casa e senza cittadinanza. Senza riconoscimento. Profughi a tempo indeterminato in una strada di soli 250 metri. Che restano per non perdere il diritto al ritorno”

“Sono giovani i volontari di Youth of Samud e dell'Operazione Colomba – Associazione Papa Giovanni XXIII. Sono persone del posto e volontari internazionali appartenenti ai Corpi Civili di Pace. Prestano il loro servizio ad At-Twani, un villaggio palestinese in Cisgiordania, 300 abitanti, pastori, studenti, bambini. Famiglie in una zona rocciosa e rurale della Palestina, che vivono costantemente sotto assedio. Perché, poco distante, si sono insediati un avamposto militare e un una colonia israeliana. Per sorvegliare ogni loro movimento, per disturbare, per picchiare, per violentare esistenze e sogni. I giovani di Samud e le volontarie allentano quotidianamente le tensioni, aiutano i palestinesi accompagnando i bambini a scuola o i pastori al pascolo evitando loro violenze da parte di coloni. E, soprattutto, costruiscono relazioni di pace. Perché la fratellanza è tutto”.



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