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Lo stesso linguaggio per i piccoli e i grandi della terra.

Moltissimo si è detto e scritto sul viaggio del Papa a Cuba e negli Stati Uniti, che ha ricevuto una straordinaria copertura dai mass media di tutto mondo, confermando come Francesco sia in questo momento uno (forse il maggiore? Qualcuno dice addirittura l’unico) dei principali punti di riferimento per l’opinione pubblica internazionale.

Innumerevoli sono stati i riconoscimenti della sua capacità di essere testimone credibile di un messaggio di fraternità universale e di parlare anche a chi non si dice cristiano, ma anche infinite le lodi alla sua “abilità politica” nel favorire la riapertura delle relazioni tra Washington e L’Avana o nel rendere irreversibile il negoziato di pace tra il governo di Bogotá e la guerriglia marxista delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc).

In tale qualità di “autorità morale planetaria” il suo discorso più importante è stato naturalmente quello pronunciato alle Nazioni Unite. Anche in questa occasione Francesco ha insistito su quelli che considera oggi i più gravi problemi per l’umanità: l’esclusione che genera guerra e la devastazione dell’ambiente che degrada la dignità umana, collegando sempre e indissolubilmente i due aspetti secondo l’impostazione dell’enciclica Laudato Si’: “Oggi il panorama mondiale ci presenta […] vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo di donne e uomini esclusi. Due settori intimamente uniti tra loro, che le relazioni politiche ed economiche preponderanti hanno trasformato in parti fragili della realtà. Per questo è necessario affermare con forza i loro diritti, consolidando la protezione dell’ambiente e ponendo termine all’esclusione”.

Infatti “una brama egoistica e illimitata di potere e di benessere materiale conduce tanto ad abusare dei mezzi materiali disponibili quanto ad escludere i deboli […]. L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all’ambiente”. 

In questa chiave ha richiamato i leader delle nazioni al dovere di “fare tutto il possibile affinché tutti possano disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignità […]. Questo minimo assoluto, a livello materiale, ha tre nomi: casa, lavoro e terra”, ripetendo quanto aveva detto il 9 luglio in Bolivia ai delegati dei movimenti popolari, salvo aggiungere la “libertà dello spirito, che comprende la libertà religiosa, il diritto all’educazione e gli altri diritti civili”.

E se a Santa Cruz de la Sierra aveva perciò evocato “un cambiamento delle strutture” perché “questo sistema ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura”, invitando le organizzazioni sociali a “proseguire nella vostra lotta”, costruendo “un’alternativa umana alla globalizzazione escludente”, a New York ha indicato ai governanti i contenuti dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: “l’accesso effettivo, pratico e immeditato, per tutti, ai beni materiali e spirituali indispensabili:

abitazione propria, lavoro dignitoso e debitamente remunerato, alimentazione adeguata e acqua potabile; libertà religiosa e, più in generale, libertà dello spirito ed educazione”.

Insomma, il papa ha usato la stessa lingua davanti ai rappresentanti dei poveri e a davanti ai capi delle nazioni, scegliendo di farsi voce dei bisogni dei primi di fronte ai secondi. Forse sono proprio questa coerenza e questa collocazione a fianco degli “ultimi” le radici della sua credibilità.

  • MAURO CASTAGNARO, Redattore di “Missione Oggi”.
  • Brescia, 1 ottobre 2015.


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