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L’UNICA SOLUZIONE PER IL DOPO PANDEMIA / NON DIMENTICARE I POVERI

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In questo tempo particolarmente denso – di disorientamento, apprensione, confronto con il limite e la morte, solidarietà e tanto altro ancora – come sempre penso che la prima cosa da fare è cercare di viverlo fino in fondo, attraversandolo, senza scappare alle nostre responsabilità.

Qui non si tratta, però, di una vicenda prevalentemente personale, ma di una evento collettivo, che rende imperativa la necessità di provare a ridisegnare un dopo, cercando un modello più umano, più giusto e più tutelante per tutti.

È questo “per tutti” che fa la differenza. Siamo, infatti, abituati e diseguaglianze raccapriccianti, ma in questo tempo, dove il coronavirus non discrimina e ci rende tutti, senza eccezioni, fragili e vulnerabili, forse ci è più difficile accettare quanto la possibilità di potersi curare, l’esistenza o l’assenza di un sistema sanitario universalistico, il riparo di una casa o l’accesso all’acqua, la propria capacità economica ecc. determinino chi vive e chi muore.

Ma anche l’isolamento che siamo chiamati a seguire scrupolosamente è marcato da una profondissima diseguaglianza, non legata soltanto al possesso. Tutti i dispositivi digitali di cui disponiamo si stanno rivelando una risorsa formidabile, una possibilità di relazione oltre la presenza fisica, la possibilità di poter continuare a studiare, a riunirsi, a salutarsi, a sentirsi vicini. Ma per questo serve «il coltan, il cobalto e gli altri preziosi minerali indispensabili ad alimentare le batterie “ad alte prestazioni” dei nostri cellulari e dei nostri tablet», come ci ricorda Riccardo Bottazzo su “Il Manifesto” del 9 aprile e come da tempo ci raccontano i missionari e le missionarie, le Ong, i volontari internazionali.

Minerali estratti da centinaia di bambini, impiegati in miniera fino a 14 ore al giorno in regime di schiavitù e spesso costretti a lavorare a mani nude, in un paese, il Congo RD, devastato da una guerra civile di cui raramente ci giunge – o decidiamo di ascoltare – qualche eco. E che, come ci racconta in questa medesima rubrica online p. Gianni Brentegani, ha già ribattezzato il Covid19, che pure si sta diffondendo in quel paese, “Congo vie difficile (Congo vita difficile)!”.  

Dovremo ricordarci anche di loro, pensando a quel modello più umano, più giusto e più tutelante per tutti. In cui “per tutti” fa la differenza.



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