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L’AFRICA S’INDIGNA PER L’ASSASSINIO DI GEORGE FLOYD

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L’uccisione di George Floyd a Minneapolis (Usa) non ha infiammato solo gli Stati Uniti, ma anche l’Africa, che si è sentita provocata in profondità, nelle radici africane che la vincolano ad ogni afro-discendente.

La Commissione dell’Ua, guidata dal ciadiano Moussa Faki Mahamat, è stata la prima a reagire, ad Adis Abeba, in Etiopia, con un comunicato che condanna il fatto definendolo un “assassinio” ed esortando le autorità statunitensi a intensificare gli sforzi per eliminare ogni forma di discriminazione razziale o etnica.

In Sudafrica, il partito al potere, l’African National Congress, con il suo presidente, Cyril Ramaphosa, invita le autorità Usa a trovare una soluzione a ciò che qualifica come “stallo razziale” e a “disinnescare le tensioni razziali per costruire una più grande coesione sociale”.

In Zimbabwe, l’ambasciatore americano a Harare è stato convocato dal presidente Emmerson Mnangagwa affinché spieghi ciò che è successo a George Floyd. L’ambasciatore, afro-americano, con altri ambasciatori statunitensi in Kenya, Tanzania, Congo RD, Uganda, avevano per altro duramente reagito domandando un’inchiesta approfondita.

In Guinea, l’Organizzazione per i diritti umani esprime la sua inquietudine per questo nuovo crimine razzista e lo stupore per la reazione del presidente Trump, che chiede l’intervento dell’esercito contro i manifestanti. E Carine Kaneza Nantulya, direttrice della sezione africana di Human Rignts Watch, dichiara di considerare Floyd come “uno di noi”!l-africa-s-

Proteste spontanee a Nairobi, in Kenya, davanti all’ambasciata Usa per domandare la fine delle uccisioni degli afro-americani per mano della polizia. Proteste spontanee si sono verificate anche a Monrovia capitale della Liberia.

Il presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, in un tweet ha dichiarato di essere accanto agli afro-americani, chiamati “nostri cari”, in questi tempi difficili sperando che la morte tragica di Floyd ispiri un cambiamento duraturo sul fronte dell’odio e del razzismo.

Al Forum degli ex capi di Stato e Governo africani, l’ex presidente del Benin, Nicéphore Soglo, ha letto una dichiarazione in cui manifesta stupore, indignazione e dolore per i ripetuti crimini di cui è vittima la comunità afro-americana: “Che grado di crudeltà bisogna raggiungere, perché il mondo intero si risvegli e manifesti la sua indignazione?”. Il Forum invita tutti i governi del continente ad elevare una viva protesta contro l’assassinio di Floyd affinché gli autori di questo crimine e di tutti gli altri di questo tipo, siano severamente puniti.

Un centinaio di scrittori e scrittrici africani del continente e della diaspora hanno firmato una lettera si sostegno al movimento afro-americano Black lives matter (le vite nere contano). Gli scrittori senza frontiere, come si definiscono, condannano gli ormai tanti atti di violenza sulle persone di origine africana negli Usa. Riprendendo il discorso di Malcom X in Ghana, nel 1964, ricordano che “per venti milioni di americani afro-discendenti, non è un sogno quello americano, ma piuttosto un incubo”, cosa che rimane vera per trentasette milioni di afro-americani nel 2020. Stilano poi una lista di nomi e cognomi di altri settanta afro-americani che hanno subito la stessa sorte di Floyd, parlando di loro come di “parenti, familiari, sangue del loro sangue”. Gli autori della lettera sostengono le proteste negli Usa e il popolo nero che domanda giustizia per ogni omicidio razziale da parte della polizia e di civili. I firmatari sono consapevoli che non si tratta di proteste pacifiche, ma nemmeno gli assassini sono stati eseguiti pacificamente. La brutalità della polizia e le sanzioni contro gli assassini sono rimaste spesso senza conseguenze.

Manifestazioni di protesta si sono organizzate anche in alcune città europee come Londra, Berlino, Parigi e Amsterdam. Anche in Nuova Zelanda ci sono state manifestazioni contro la brutalità della polizia a tendenza razzista al grido I can’t breathe (non respiro), le ultime parole di Floyd.

Ma la condanna dell’uso esagerato e sproporzionato della forza da parte della polizia degli Stati Uniti ha dato la possibilità ai cittadini di vari paesi del continente di protestare anche contro la brutalità della propria polizia locale durante il periodo di confinamento da Covid-19. In alcuni paesi il lockdown è stato particolarmente duro e la polizia ha represso la popolazione, che non rispettava le regole, in molti casi con un vero e proprio abuso di potere. In Kenya, per esempio, almeno venti persone sono state uccise durante il lockdown; dodici in Sud Africa; l’ultima vittima, delle diciotto censite, della brutalità della polizia della Nigeria è stata un’adolescente di 16 anni, Tina Ezekwe, uccisa la settimana scorsa e solo le pressioni delle proteste di strada hanno spinto il governo a prendere provvedimenti contro i due poliziotti colpevoli. Alcuni attivisti dei diritti umani affermano che la brutalità della polizia ha fatto più vittime del Covid-19 in Nigeria. E per queste uccisioni la commissione dell’Ua non ha speso una parola!

Questi avvenimenti hanno spinto anche papa Francesco a “pregare per il riposo dell’anima di George Floyd e di tutti gli altri che hanno perso la vita a causa del peccato di razzismo”.  E continua il papa: “Non possiamo tollerare, né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana”. “Nello stesso tempo – ha proseguito – dobbiamo riconoscere che la violenza […] è autodistruttiva e autolesionista. Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”.



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