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CONGO RD / IL CLC-COMITATO LAICO DI COORDINAMENTO È USCITO ALLO SCOPERTO

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Con l’elezione del nuovo presidente, Felix Tshisekedi, i membri del Clc (Comitato laico di coordinamento) sono usciti allo scoperto. Formato da laici cattolici, il Clc era infatti costretto alla clandestinità per tutelare la sicurezza personale dei membri e delle rispettive famiglie, oltre che per garantire la continuità delle attività di pressione sul governo, che non amava essere richiamato al suo dovere e non accettava né critiche, né consigli. L’organizzazione da parte del Clc delle manifestazioni popolari di fine 2017 e inizio 2018 hanno effettivamente risvegliato la coscienza popolare e impedito al regime di Kabila di agire a piacere. Il sacrificio di 15 persone, uccise durante le tre manifestazioni, ha scosso anche l’opinione pubblica internazionale acuendo le pressioni sul governo affinché agisse secondo la Costituzione.

Il Clc ha concretamente contribuito a fare in modo che Kabila non si presentasse per un terzo mandato, modificando la Costituzione. In un continente dove molti capi di Stato hanno modificato la Costituzione per ottenere un terzo o più mandati (Camerun, Congo Brazzaville, Uganda, Ruanda, Burundi), questo costituisce un vero successo della volontà popolare. L’uscita allo scoperto non ha impedito ai membri del Clc di denunciare i brogli elettorali affermando che le elezioni del 30 dicembre scorso sono state “un’operazione di nomina che ignorava i risultati parziali e la presenza di osservatori e testimoni”. Malgrado ciò, il Clc ha dichiarato di non volere manifestazioni di protesta contro i risultati delle elezioni anche se “non corrispondono ai dati raccolti dai loro osservatori”.

Questa è anche la posizione della Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo) che dal momento della proclamazione dei dati provvisori ha affermato di prendere atto dei risultati provvisori comunicati dalla Ceni (Commissione elettorale nazionale indipendente),  sottolineando però che dall’analisi dei dati in loro possesso i risultati non corrispondono a quelli espressi dalla Ceni. I vescovi non hanno evidentemente reagito alle provocazioni, mantenendo fede all’onestà della loro posizione, aspettando che la Ceni renda pubblici, come lo richiede la legge elettorale, i risultati. Per questi motivi la Chiesa cattolica ha presenziato alla cerimonia di investitura del nuovo presidente solo con il vicesegretario della Cenco e non con il suo vicepresidente, l’arcivescovo di Kinshasa, che ha reagito alle critiche per la sua assenza dicendo che “l’invito non è una convocazione”!

Questa affermazione ha valso ai vescovi e alla Chiesa cattolica una campagna di denigrazione, di accuse gratuite e insulti, come se avesse un suo candidato da difendere. È importante notare che il solo candidato dichiaramente cattolico era Emmanuel Ramazani Shadary, candidato del Fcc (Fronte comune per il Congo), piattaforma della maggioranza presidenziale di Kabila, che ha ottenuto il 23,8 per cento dei voti. Gli altri due candidati dell’opposizione, Martin Fayulu Madidi, arrivato secondo con il 35,2 per cento e Felix Tshisekedi Tshilombo, presidente eletto con il 38,57 per cento (nipote del vescovo cattolico mons. Gérard Mulumba Kalemba, vescovo emerito della diocesi di Mweka, nella provincia del Kasai occidentale e fratello minore di Etienne Tshisekedi, oppositore storico), sono fratelli di fede e frequentano la stessa Chiesa Philadelphia, protestante. Durante i momenti di preghiera i due si abbracciano, ma in pubblico Martin Fayulu rifiuta di dare la mano a Felix Tshisekedi.



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