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CAMERUN / LA CHIESA CATTOLICA MEDIATRICE DI PACE TRA GOVERNO E SEPARATISTI ANGLOFONI

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La Chiesa cattolica del Camerun ha accettato di mediare nel conflitto tra l’autoproclamato Stato dell’Ambazonia, che comprende le due province anglofone del Nord Ovest e del Sud Ovest del paese, e il governo centrale di Yaoundé. Da tempo i separatisti anglofoni si erano rivolti alla Chiesa cattolica per negoziare con il governo, ma le loro richieste non erano state finora accettate.

Dal 2016 le rivendicazioni dei camerunesi anglofoni si sono fatte più pressanti nei confronti del governo con manifestazioni e proteste represse sempre più violentemente, degenerate in conflitto armato tra le forze governative e i gruppi separatisti. Le manifestazioni iniziali erano pacifiche, ma la dura repressione governativa e l’utilizzo eccessivo della forza da parte dell’esercito, con arresti arbitrari e violenze ai danni della popolazione, ha radicalizzato la posizione degli indipendentisti. Alla fine del 2017, l’opposizione separatista e anglofona (20 per cento della popolazione) ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza dal governo centrale.

Il conflitto ha causato finora circa 3000 morti, più di 700mila sfollati interni e circa 40mila rifugiati in Nigeria. Il grande dialogo nazionale convocato a Yaoundé dal presidente Paul Biya nell’ottobre scorso non è stato in grado di trovare una soluzione a causa dell’assenza di alcuni capi ribelli. In quell’occasione il presidente aveva concesso l’amnistia a 333 persone sospettate di aver combattuto nelle fila dei separatisti, ma restavano in carcere più di 5000 combattenti, condannati all’ergastolo con l’imputazione di terrorismo tra cui Julius Ayuk Tabe, il primo presidente dell’Ambazonia.

Le proposte di una maggiore autonomia politica e amministrativa per le province a maggioranza anglofona sono rimaste solo carta e a tutt’oggi i camerunesi anglofoni hanno scarsa rappresentatività nelle sedi governative e istituzionali. Inoltre, dal 2016 i loro territori sono controllati dalle forze armate governative, che hanno implementato una legge marziale che favorisce abusi sulla popolazione civile.

L’attuale conflitto risale al periodo coloniale. Il “Kamerun” era parte dell’impero coloniale tedesco che, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale, fu spartito tra le potenze vincitrici. La Francia ottenne l’80 per cento del territorio camerunese e il Regno Unito il resto. La parte francese divenne indipendente nel 1960, mentre quella britannica fu sottoposta a referendum nel 1961 con la supervisione dell’Onu. La parte centro settentrionale scelse di associarsi alla Nigeria, mentre quella meridionale di integrare il Camerun francofono. Il primo ottobre del 1961, il presidente Ahmadou Ahidjo, proclamò la nascita delle Repubblica federale del Camerun.

Nel 1961 le province anglofone godevano una grande autonomia, che andò diminuendo in favore di una visione sempre più centralizzata del potere. Con il referendum di marzo 1972 il sistema federale fu abrogato e prese piede una forte “francesizzazione” degli apparati statali nelle province anglofone. Le province anglofone ospitano anche i giacimenti petroliferi scoperti negli anni ’80, che generano circa il 40 per cento del Pil del paese. Questo rende ancor più complicata l’indipendenza dal governo centrale di Yaoundé.

Perciò è importante arrivare ad un accordo e a una riconciliazione nazionale, affinché questa guerra civile non si prolunghi oltre. L’arcivescovo di Bamenda, capitale delle regioni delle anglofone, Andrew Nkea Fuanya, si è impegnato su richiesta dei separatisti e d’accordo con il governo centrale, nel tentativo di avvicinare le parti in conflitto. Anche se il clima è ancora teso e i combattimenti continuano con morti e distruzione, la presenza dell’arcivescovo è ben accetta da molti osservatori della crisi e suscita notevoli speranze per giungere a un accordo condiviso. Per la prima volta anche il capo dei separatisti, Julius Ayuk Tabe, è potuto uscire dalla prigione per partecipare alle discussioni. Per arrivare a un possibile cessate il fuoco i ribelli pongono tre condizioni: la partenza dei militari dell’esercito camerunese dalle regioni anglofone, che saranno rimpiazzati dalla polizia locale; la liberazione di tutti i prigionieri legati al conflitto; la proclamazione di una amnistia per tutti i separatisti in esilio. Anche il governo centrale si sta rendendo conto che non si potrà arrivare a una soluzione militare della crisi.

Nominato da papa Francesco nel dicembre 2019, mons. Andrew Nkea, classe 1965, ha iniziato il suo ministero nella diocesi di Bamenda il 22 febbraio 2020. Il suo motto “In Spirito e Verità” definisce bene il suo impegno per trovare una soluzione alla crisi più grave che colpisce attualmente il paese. La sua prima lettera pastorale, del 17 aprile 2020, è appunto intitolata “Ora è tempo di pace” ed è indirizzata a tutte le parti in conflitto, affinché procurino la pace.



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