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IL MURO CHE DIVIDE L'ACCETTAZIONE DALL'ESCLUSIONE

IL MURO CHE DIVIDE L'ACCETTAZIONE DALL'ESCLUSIONE

Per la prima volta nella mia vita oggi, in Thailandia, i miei piedi hanno varcato le porte di una prigione. Io, Pao e Lucas siamo entrati in carcere con padre Alex per la visita mensile ai carcerati in cui facciamo delle semplici attività e un momento di preghiera.

Credevo che alcune cose esistessero solo nei film ma quando mi sono trovata ad aspettare nella stanza delle visite con i telefoni, il plexiglas, tavoli e sedie cementati al pavimento, mi sono accorta che esistono anche nella realtà.

Dopo tutti i controlli di rito siamo entrati in un contesto che non saprei descrivere, di cemento, ferro e grigiore, totalmente diverso dalla mia immaginazione. È stata una mattinata piena di emozioni in continuo movimento.

Mi sono sentita osservata e intimidita camminando lungo il viale tra i buildings, incrociando gruppi di prigionieri e alzando gli occhi verso le finestre. Ero una donna bianca straniera in mezzo a tutti quegli uomini e il mio pensiero è stato "loro sono qui per dei crimini commessi e mi stanno osservando" e mi vergogno ad ammetterlo ma ho avuto paura quando siamo entrati nel bulding in cui dovevamo fare l'attività.

Si è creato uno strano contrasto dentro di me quando, oltre ai normali prigionieri, abbiamo trovato ad aspettarci un'orchestra (sempre di prigionieri) in divise gialle con tamburi, trombe, clarinetti, flauti..

C'era un'emozione viva, pulsante nel mio petto, come una bolla che si muoveva e che spingeva per uscire. Ed è uscita con le lacrime quando la musica è iniziata.

Una musica avvolgente dalle vibrazioni tristi, toccanti, malinconiche. Sapeva di tristezza e rassegnazione.

Non ho potuto trattenere le lacrime che sono scivolate sulle mie guance seguendo la musica. E i loro occhi... se devo pensare alla vergogna e alla solitudine penserei ai loro occhi.

Kay, l'unico prigioniero che parla inglese, mi ha spiegato che è davvero molto importante per loro la visita mensile di padre Alex perché, per citare le sue esatte parole "siamo soli e dimenticati, nessuno ci viene mai a trovare e queste visite ci ridanno un po' di speranza".

Mi ha spiegato che fare visita ai carcerati è molto costoso per le famiglie e che spesso abitano anche in luoghi lontani e non possono permettersi la visita e il viaggio. E quindi passano la loro esistenza lì, soli e abbandonati.

Ho guardato gli esseri umani seduti sul pavimento davanti a me. Qualcuno distoglieva lo sguardo, qualcuno non lo ha mai alzato dal pavimento. Nonostante io sia consapevole che sono lì per dei leciti motivi, guardandoli non ho visto i criminali ma ho visto gli occhi della tristezza, della rassegnazione, della vergogna, della malinconia sulle facce di ragazzi ventenni e uomini intorno ai cinquanta vestiti tutti della stessa maglietta e degli stessi reati (soprattutto spaccio). Ho provato un'immensa pena per quelle persone.

E così la sensazione di smarrimento e disagio è passata e mi sono sentita piena di qualcosa di positivo, una sensazione di gratitudine per quell'incontro in un periodo per me così importante.

Le vibrazioni della musica hanno aiutato a creare quel filo di incontro tra due mondi così diversi separati solo da un muro che divide non solo i liberi dai reclusi ma anche l'accettazione dall'esclusione.


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Pubblicato
09 Febbraio 2023
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