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Congo: la voglia di rivedersi

Meravigliosa Calabria, dove lo sguardo incontra ad ogni istante visioni di bellezze che fanno cantare il cuore. Al mattino è l’Etna che mi saluta con lo splendore delle sue pendici. La chiostra dell’Aspromonte incornicia lo spettacolo del mare, sempre cangiante, lieto e triste, come la vita.

Poi incontri la gente, entri nelle loro case e scopri tesori di bontà e storie dolorose. Vi trovi le tracce di Dio, perché il Signore è sempre con noi: una carezza costante, un tepore materno che ci avvolge.

Una lettera da Kigulube

All’improvviso giunge una raffica di vento. Arriva da lontano, dalla foresta che sorge oltre il deserto africano. Viene da un villaggio ben noto del Congo, visitato tante volte nei safari che mi portavano fino alla zona sud della missione di un tempo. Kigulube: 80 fiumi, 8.000 chilometri quadrati, 80.000 abitanti, 8 milioni di alberi - come dicevo allora. Per giungere a Nyakibizi bisogna attraversare il fiume, facendo attenzione a non scivolare sulla trave che congiunge le due rive.

È da quel posto che arriva la lettera: “Padre Giorgio, noi, comitato del settore di Kigulube ci siamo riuniti a Nyakibizi. Durante la riunione abbiamo discusso sul modo di rilanciare le comunità all’interno della nostra parrocchia”.

Ci hai dimenticati?

Li rivedo i miei amici, i fedelissimi di tante giornate che trascorrevamo insieme per ascoltare le storie antiche ed eterne, quelle che ci raccontano i testimoni Marco, Matteo, Luca, e che essi avrebbero poi riferito  nei loro villaggi. Nei primi anni avevamo sognato di ripristinare le strade e rendere più facili gli spostamenti. Una lunga guerra contro i fiumi che ad ogni pioggia distruggevano i ponti improvvisati e abbattevano gli alberi ostruendo il passaggio. Scoprii la gioia della fatica condivisa e dell’accoglienza ancora più festosa, la lunghezza della strada e la soddisfazione dell’arrivo.

Riprendo a leggere: “Vorremmo incontrarti in un luogo dove possiamo giungere, così che tu possa parlarci  direttamente. E perché ci hai dimenticati? Abbiamo avuto le tue istruzioni sui vangeli, ma ci manca ancora il corso su san Giovanni. Perché te ne rimani in Italia, invece di venire qui a sostenerci?”.

Gli artigiani della chiesa

È vero, negli anni trascorsi insieme abbiamo riflettuto sui vangeli sinottici, che poi nelle 57 comunità cristiane i catechisti spiegavano agli alunni in due lezioni settimanali. Così si preparavano al battesimo nella veglia pasquale. Sono passati nove anni dall’ultimo saluto! Gli amici sono ancora là, stretti dall’impegno assunto con la loro gente, che li ha scelti per essere guidati nella vita di ogni giorno.

Sono gli artigiani umili e preziosi che fanno vivere la chiesa di Dio nel vasto Congo, dove da otto anni imperversa la guerra civile, con il suo corteo di stragi e devastazioni. Parecchi fra loro ne sono stati travolti; quasi tutti hanno dovuto fuggire per salvare la famiglia. Della chiesetta centrale, mi scrive Enrico, “non è rimasta pietra su pietra”. Da otto anni non ricevono la visita di un prete. Ma adesso, ai primi sentori di pace, i cristiani stanno per ricominciare da capo.

Una sola grazia

Nomi familiari che mi portano lontano. Scrivono: “Il proposito nostro è questo: desideriamo rivederti. Magari potresti venire fino a Shabunda”. Shabunda, la parrocchia più vicina, dove i saveriani sono sempre presenti, dista più di 250 chilometri da Kigulube. La regione del sud Kivu è grande quanto mezza Italia. Ma i nostri amici non temono le distanze.

Alla fine della lettera leggo le firme dei responsabili: Agostino, il guardiano della zona orientale; Enrico, assetato di Dio e da qualche mese scelto a guidare la zona centrale. E dietro a loro volti e immagini, sorelle e fratelli amati, protagonisti dell’eterna avventura missionaria che interpella ognuno di noi. Con loro siamo una sola cosa. Ma tu Signore, mi concederai la grazia di ritrovarmi insieme a loro?



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