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Alcuni anni fa, in Brasile, l’Infanzia missionaria, grazie all’impulso delle Pontificie Opere, ebbe una rapida espansione, creando il problema della formazione di assistenti che guidassero i gruppi. Tradizionalmente, erano giovani già appartenenti all’Infanzia missionaria e che ne erano usciti per raggiunti limiti di età. Ma non bastavano ed erano poco disponibili per motivi di studio o lavoro (spesso distante dai luoghi di formazione). Allora, alcuni dirigenti proposero una cosa diversa: “Perché non rivolgersi a persone più anziane, per esempio, ai pensionati? Molte persone vanno in pensione quando sono ancora pienamente efficienti. E avrebbero alcuni vantaggi preziosi: esperienza, disponibilità di tempo, stabilità”.

Il 33,7% degli italiani ha più di 65 anni. In questa situazione demografica, l’animazione vocazionale può permettersi il lusso di ignorare la fascia di popolazione più numerosa e in maggior crescita? Non sarà ora di pensare a un’animazione missionaria di “pensionati”? Si tratta di persone con esperienze di vita e lavoro in ogni campo, oltre che nell’educazione dei figli. Molti di loro, inoltre, sono impegnati nel variopinto campo del volontariato. Indagini recenti rivelano che molti volontari hanno avuto la prima esperienza di volontariato sotto gli 11 anni. Come a dire: “Chi inizia a praticare volontariato in giovane età continuerà a farlo per il resto della vita”. Da qui la mia convinzione: una società così sensibile agli ideali del volontariato non può essere avara davanti alla proposta missionaria! Il problema, semmai, sarà quello di fornire motivazioni convincenti nelle varie tappe della vita. Proporrei di chiamare quelli disposti ad aderire a tale chiamata “Ministri per il Secolo 21” (M21) o “Volontari del Regno” o “Missionari del Regno”.

Gesù chiamava persone con professione, famiglia, responsabilità, come nel caso di Pietro, Andrea… Mirava a raccogliere uomini e donne disposti, come lui, a servire e non a essere serviti e continuare a passare per il mondo facendo il bene e risanando tutti. Per questo, Gesù resta un modello. A lui interessavano i ciechi, i sordi, i muti, gli storpiati, i paralitici e i lebbrosi che guariva. Vedere il cieco dalla nascita discutere con farisei e dottori e prenderli in giro per la loro incredulità, significa constatare che gli ultimi potevano diventare i primi e spostare l'ordine delle cose in maniera sorprendente. Gesù è venuto per insegnarci a fare sulla terra quello che si fa in cielo.

II mondo oggi vuol sapere da che parte staranno i cristiani nell'ora di affrontare quelli che Giovanni Paolo II chiamò “areopaghi” (Redemptoris Missio, 37), i centri nevralgici della società del terzo millennio (periferie, giovani, migranti, mondo della comunicazione, impegno per la pace, diritti dell'uomo, dei popoli e delle minoranze, promozione della donna, salvaguardia del creato, cultura…). È un appello urgente alla solidarietà perché nessuno perisca e perché tutti abbiano vita.



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