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Una chiesa non ripiegata su di sé

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Il Patriarca di Venezia ha rilasciato un’intervista esclusiva per i lettori di “Missionari Saveriani”. Lo ringraziamo e invitiamo tutti a gustarsela…

Cos’è la missione per lei?

Cinque verbi: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Indicano bene la prospettiva dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium e hanno fornito la traccia per il V Convegno della chiesa italiana a Firenze, dove è risuonata la parola del Papa che ha delineato l’umanesimo cristiano per il nostro tempo, all’interno di questa società, a partire dalla figura umile, disinteressata e beata (la gioia del vangelo) di Gesù. Questi cinque verbi costituiscono altrettante vie; sono dei veri e propri stili di vita ecclesiali che si intrecciano fra loro e sono destinati a segnare gli ambienti in cui viviamo.

Concretamente, questo vuol dire…

Uscire, cioè, aprirsi, per “liberare” le comunità e incamminarsi sulle strade di Dio con lo sguardo fisso su Gesù. Significa annunciare il vangelo della misericordia, che va proclamato con verità e carità, con le parole e i gesti; significa abitare per rimanere chiesa radicata tra la gente, mentre viviamo un tempo caratterizzato da mutazioni o, meglio, rivoluzioni antropologiche e demografiche epocali che ci segnano e chiedono d’esser chiesa che ama, in modo preferenziale, i poveri.

Educare è poi l’azione che nasce da un cuore che ama e che domanda anche inedite alleanze, che superino la frammentazione e guardino all’unità della persona e della famiglia umana; trasfigurare perché l’uomo - nel rispetto e nella valorizzazione di tutto l’umano - giunge, in Gesù Cristo, alla sua pienezza attraverso una fede pregata, celebrata e vissuta. E la liturgia è culmine e fonte della vita cristiana.

Com’è vissuta la missione a Venezia?

Abbiamo un grande legame col Kenya, attraverso la parrocchia - fondata e seguita dalla nostra chiesa - di san Mark di Ol Moran. Ma, nello stesso tempo, è tradizionale il legame che la realtà diocesana mantiene sia con le missioni sostenute e promosse dalla Conferenza Episcopale Triveneto, sia con tutti i missionari di origine veneziana (presbiteri, religiosi, religiose, laici). Manteniamo contatti periodici, forme di sostegno e, di tanto in tanto, compiamo alcuni viaggi per conoscere le specifiche realtà della loro presenza missionaria.

C’è qualche proposta diocesana?

Con l’aiuto di molti, desideriamo attivare e allargare, nella diocesi di Venezia, la “evangelizzazione di strada”.

Dove questa iniziativa ha preso piede, si è potuto constatare l’azione potente dello Spirito di Gesù. Si tratta di andare con umiltà, coraggio e amore evangelici a incontrare le persone che percorrono le strade delle nostre città e Paesi. Sono, spesso, persone ferite che, senza saperlo, hanno bisogno del Signore; alcune già lo cercano, ma non hanno l’abitudine, la forza o il coraggio di entrare nelle nostre chiese.

Ci sono già dei risultati?

Dove tali esperienze sono state avviate - come nella zona di Rialto e nel centro storico di Venezia - si è notata una profonda crescita della fede negli evangelizzatori di strada. Invece, da parte di chi veniva incontrato, insieme agli inevitabili rifiuti, sono giunte risposte che hanno sorpreso e incoraggiato gli stessi evangelizzatori.

La trepidazione di questi ultimi si trasformava così in gratitudine al Signore.

Anche questo è un modo concreto di raccogliere l’invito che Papa Francesco ci ha rivolto a Firenze: essere Chiesa in uscita, non ripiegata su di sé.



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