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Una casa dalle porte spalancate

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LA PAROLA
Ed ecco che alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui. Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza. Veduta la loro fede, disse: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”. Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: “Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: “Che cosa andate ragionando nei vostri cuori? Che cosa è più facile dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Àlzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - àlzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua”. Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio. Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” (Lc 5, 18-26).

C’è qualcosa di inverosimile nel racconto di questo miracolo. Com’era possibile che un gruppo di uomini s’inerpicasse su una scaletta sostenendo un lettuccio con sopra un peso morto? E come mai quelli che erano in casa sono stati lì a prendere tegole in testa senza far nulla? Sembra di trovarsi di fronte a una parabola più che alla cronaca di un fatto. Si colgono, infatti, delle metafore contrastanti. Da una parte ci sono degli uomini in preda a una fretta inspiegabile e, dall’altra, un folto gruppo di persone, fra cui molti farisei e dottori della legge venuti anche da Gerusalemme, che creano una barriera attorno a Gesù e impediscono ad altri di avvicinarsi.

Più che su quell’uomo paralizzato, lo sguardo cade su questi uomini che lo portano a spalle in cerca di una via verso la vita. Perché si sono presi tanto a cuore un uomo murato vivo dentro al proprio corpo, incapace di un gesto, di una parola, un non uomo, una pietra, verrebbe da dire, meno ancora di un animale? Forse perché senza la loro voce, le loro braccia, quel paralitico non avrebbe mai riacquistato l’umanità perduta.
E mentre loro cercano di aprirsi un varco verso Gesù, altri fanno da scudo per impedirglielo. Sono i più vicini a Gesù gli ostacoli che si interpongono al cammino della salvezza. Sono loro, i rappresentanti di quella religiosità ostentosa e sterile che difende il sacro a scapito dell’uomo della strada. E c’è bisogno di uno sforzo immane, di un salto di creatività, su per una scaletta laterale, per scavalcare quel muro di cuori pietrificati. Quel buco nel tetto è lo squarcio benedetto di cui è capace chi si sente responsabile del proprio fratello. E Gesù non fa altro che constatarne l’intrepidezza, cioè, la fede.

C’è una muta preghiera in quelle braccia stanche, in quell’uomo immobile, sconquassato dai sobbalzi e in balia della volontà altrui. Gesù gli offre il perdono senza che nessuno glielo chieda, senza che nessuno ammetta una qualche colpa o accenni a un rincrescimento. Colui a cui è stata rubata l’umanità può risorgere soltanto quando si sente avvolto dalla gratuità più assoluta, da quel rosolio d’amore che è il perdono del male che ci abita tutti, ma proprio tutti.

Ed è così che il paralitico balza in piedi, portandosi in spalla il suo lettuccio, segno dell’antica prigionia. Senza il perdono sarebbe stato un vivente in più, ma non un uomo. Ora può tornare a casa, dai suoi cari che l’attendono. E nel suo cuore loda Dio perché delle braccia amiche hanno abbattuto il muro che gli impediva di ascoltare la Parola di Gesù. E forse prega perché la Chiesa sia una casa dalle porte spalancate, che non obblighi nessuno a squarciarne il tetto. Il pane e il vino sono sulla mensa, a disposizione di tutti. E queste son davvero cose così semplici e prodigiose!



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