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Un Natale di Pace e di Bellezza: Missione è... annuncio di pace

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In questi mesi abbiamo sentito risuonare rumori di guerra, ma anche tanta richiesta e speranza di pace.

Il Natale che si avvicina è il "mistero della pace" (san Leone Magno). Il prossimo Capodanno celebreremo ancora una volta la Giornata mondiale della pace. C'è ancora spazio e ha ancora senso per noi cristiani e missionari parlare di pace?

La missione consiste nell'annunciare Gesù Cristo a chi non lo conosce. Con tutti i mezzi moderni di comunicazione, si potrebbe pensare che basterebbe mettersi a diffondere bibbia e vangelo, oppure video con la storia di Gesù, o ad attivare siti internet con l'annuncio della salvezza… Se così fosse, basterebbe affidarsi ad una buona compagnia pubblicitaria che, con i suoi esperti, trovi i metodi più convincenti, i tempi di miglior audience o gli spot più attraenti. Basterebbe davvero? Certamente no.

Il vangelo e la chiesa hanno bisogno di persone che testimonino, con la loro vita prima che con i mezzi, la fede in Colui che "è la nostra pace" (Ef. 2,14); Colui che fa convivere nella pace e nella giustizia persone di nazionalità, culture e provenienze diverse.

E allora ecco che i missionari vanno ad annunciare la pace in mezzo ai popoli perché "soltanto l'amore di Dio, capace di affratellare gli uomini di ogni razza e cultura, potrà far scomparire le dolorose divisioni, i contrasti ideologici, le disparità economiche e le violente sopraffazioni che ancora opprimono l'umanità" (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata missionaria mondiale).

I missionari testimoniano che, in assenza dell'annuncio del "vangelo della pace" (Atti 10,36), la legge della giungla rischia di prevalere, la prepotenza si fa più forte, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, i deboli soccombono.

Per questo, insieme con l'annuncio del regno di Dio e della conversione, essi denunciano l'ingiustizia, ogni forma di terrorismo e soprattutto la guerra, che è la somma di tutte le ingiustizie, delle violenze e del terrorismo. Lo vanno dicendo ovunque.

E questo, da una parte conforta i poveri che si sentono sostenuti, ma disturba coloro che vivono delle guerre e traggono profitto dalle situazioni di ingiustizia. Costoro non vogliono essere disturbati. Anzi, spesso, attendono dalla chiesa un sostegno, in cambio di aiuti e privilegi, e non è raro che arrivino a domandare alla gerarchia ecclesiastica di far tacere le voci scomode dei missionari.

Annunciare il "vangelo della pace" diventa sempre più esigente e, in alcuni, fa sorgere la domanda: Ma è proprio necessario che i missionari si avventurino in questo terreno minato? Perché corrono il rischio di passare per anti-occidentali condannando la guerra preventiva?

E' proprio questo il loro compito?

Già, il loro compito! Infatti puntualmente ritornano le critiche per le "marce pacifiste" e per le "carovane per la pace"... Altrettanto puntuali rinascono le lamentele di chi teme, fingendo una preoccupazione di ortodossia, che i missionari inquinino il vangelo facendo politica. Si teme che siano manovrati, a loro insaputa, dai nemici della chiesa che vogliono minarne la missione spirituale.

Il Papa, nella sua enciclica sulla missione, fuga ogni dubbio: "Il regno di Dio è destinato a tutti gli uomini, essendo tutti chiamati ad esserne membri. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando ad essi la preferenza, quando annunciava la buona novella" (Redemptoris Missio, n. 14).

Noi missionari siamo sempre più convinti che non facciamo politica, ma annunciamo il vangelo; siamo convinti che la chiesa non è solo quella della pace celeste, ma quella che continua sulla terra a soffrire e morire insieme al suo Fondatore: il Figlio di Dio che ha accettato di farsi uno di noi per condividere la nostra storia.

Parafrasando una celebre frase di Paolo VI, possiamo affermare che "la pace è il nuovo nome della missione".

La missione ci spinge lontano ad annunciare Cristo ai popoli e alle culture che non lo conoscono, ma evangelizza di riflesso anche le nostre comunità italiane, chiedendo loro un cambiamento di stile e di costumi, in coerenza e solidarietà con tutti i popoli.

E per tutto questo noi missionari saremmo fuori della missione? Non lo saremmo, piuttosto, se lasciassimo che qui da noi si sviluppasse una civiltà (che poi non si ha vergogna di chiamare "superiore"), che schiaccia i poveri del mondo, che rende incredibile il vangelo e impedisce ai più di sedersi al banchetto dell'umanità, che è la speranza di tutti?

Buon Natale! E che l'anno nuovo sia per tutti un anno di pace!



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