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Un grande evangelizzatore bergamasco

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Padre Virginio Aresi ci ha lasciato

Lo studio e la pastorale

Ho conosciuto p. Virginio nel 1952 quando frequentavo la quinta ginnasio. Ordinato sacerdote nel '51 a 24 anni, era stato mandato nel nostro ginnasio come insegnante di greco e di storia. Ci accorgemmo subito che era vivace nella intelligenza e straordinario nella memoria. Arrivava in classe senza libri e snocciolava le sue lezioni con la precisione e l' esattezza di chi è sicuro di quanto afferma. Teneva anche conferenze interessanti nelle cosiddette "accademie": erano interventi originali e proclamati sempre a braccio. Sembrava un uomo di studio, ma giocava volentieri con noi ragazzi, ed era imbattibile nelle gare di pingpong.

Lo riebbi ancora nel liceo a Desio come insegnante di inglese e di storia. Ci aiutò a ridimensionare quei personaggi del Rinascimento che ancora popolano le piazze d'Italia. Insegnava volentieri, si intratteneva fraternamente con noi nei momenti di "ricreazione" e trovava anche il tempo per frequentare l'università del S. Cuore a Milano e dirigere nello stesso tempo come cappellano - quasi parroco un popoloso rione della periferia di Desio. Un uomo di studio, dunque, impegnato a tempo pieno nella formazione e nella vita pastorale.

Il confronto con i missionari del passato

Quando nel '67 arrivai come missionario in Giappone ritrovai p. Virginio, che era ancora e professore all'università cattolica "Eichi" di Osaka e parroco nella missione di Kishiwada. Durante il periodo dello studio del giapponese a Kobe, ogni fine-settimana andavo come cooperatore a Kishiwada, da p. Virginio e rimanevo ammirato dalla conoscenza che egli aveva della storia e della cultura giapponese.

Ne parlava con entusiasmo, fermandosi a lungo sui grandi personaggi dell'evangelizzazione del Giappone, come s. Francesco Saverio, arrivato in Giappone nel 1549; p. Organtino Gnecchi che vi era rimasto nella seconda metà del '500; p. Alessandro Valignani giuntovi nel 1579; p. Antonio Rubino che riuscì a penetrarvi durante la persecuzione, nel 1642, e che fu martirizzato con altri 4 confratelli dopo aver subito lunghi processi e torture indescrivibili; p. Giambattista Sidotti che vi si avventurò con incredibile coraggio, sempre in tempo di persecuzione, nel 1708: fu identificato appena dopo il suo arrivo e venne imprigionato a Tokyo; venne martirizzato nel 1715.

Uno dei più grandi scrittori giapponesi di quel secolo che ebbe modo di conoscerlo, Arai Hakuseki, parla con ammirazione della scienza, della rettitudine e del coraggio di quell’europeo.

Lo scambio dei doni

Padre Virginio sottolineava la grandezza di questi missionari del passato che erano riusciti ad entrare nella complessa mentalità giapponese e avevano tentato anche dei buoni metodi di evangelizzazione. Il metodo, ad esempio, del reciproco scambio dei doni per cui, come affermava p. Organtino Gnecchi, il missionario dà la fede cristiana e riceve con riconoscenza i valori della cultura giapponese: e così, mentre la Chiesa si arricchisce di una nuova e meravigliosa esperienza umana, la cultura giapponese fa un salto di qualità straordinario nella realizzazione della propria perfezione. “Più conosco la cultura giapponese, sottolineava p. Virginio, facendosi forte anche delle affermazioni di p. Gnecchi, più rimango ammirato dei suoi valori. Penso che se il Giappone arriverà a convertirsi al cristianesimo, non ci sarà nessuna chiesa al mondo più perfetta di quella giapponese”.

L’Inculturazione

Era entusiasta p. Virginio di un altro grande missionario del Giappone: del p. Alessandro Valignani che a 34 anni era già responsabile di tutti i Gesuiti che lavoravano nelle missioni d’Africa e d’Asia: un uomo eccezionale, presentato dagli storici giapponesi come l’europeo più intelligente arrivato in Asia in quel secolo. Di p. Valignani conosceva bene quel piccolo capolavoro di inculturazione intitolato "Norme per l'evangelizzazione" che il missionario gesuita scrisse nel 1580, un anno dopo il suo arrivo in Giappone.

Sono tuttora valide quelle norme, sottolineava p. Virginio, e noi tutti dovremmo seguirle: come ad esempio  'adattamento alla mentalità, agli usi, ai costumi; la conoscenza perfetta e del linguaggio orale e ancor più di quello psicologico; lo studio approfondito delle religioni e delle tradizioni del Giappone; la formazione dei preti indigeni; l’impegno a non decidere nulla senza aver prima ascoltato il parere dei giapponesi.

Takayama Sadayoshi: un fratello tra i fratelli. In una parola, sosteneva p. Virginio, il missionario dovrebbe dimenticare la sua origine europea e diventare giapponese coi giapponesi, amandoli non per “compassione” ma per la profonda stima che ha per loro. Era il metodo che p. Virginio aveva adottato nella sua vita missionaria. Con coerenza arriverà qualche anno dopo a rinunciare alla nazionalità italiana per assumere quella giapponese con il nome di Takayama Sadayoshi.

Un nome che richiama un personaggio di rilievo del XVI secolo: il daimyo (marchese) Takayama Ukon che, guidato da p. Organtino, diede un senso cristiano alla “sado”, la cerimonia del tè, portandola ad un esercizio elegantissimo di accoglienza e umiltà, nell’attenzione semplice e cordiale che può portare attraverso conversazioni improntate a verità di fede, a momenti di grande serenità interiore e di profonda armonia. Parecchi personaggi di famiglie nobili arrivarono alla conversione partendo dalla “sado”.

Un noto personaggio, il daimyo Hosokawa Tadaoki che vi partecipava sempre con molto interesse, tornato a casa era solito ripetere con fedeltà le riflessioni del daimyo Takayama Ukno a sua moglie che divenne una delle cristiane più fini prima ancora che avesse mai visto un missionario: si tratta della famosa Grazia Hosokawa Tamako, una delle più grandi eroine cristiane della Chiesa Giapponese.

Valido evangelizzatore

Era profondo p. Virginio nella conoscenza della storia della evangelizzazione del Giappone ed era un valido  evangelizzatore. Un punto fermo della sua evangelizzazione era il catecumenato personale che curava col massimo impegno e che dava buoni risultati. Consisteva negli incontri settimanali di catechesi e nel graduale accostamento, attraverso la guida di persone di fiducia, ai momenti comunitari della liturgia e della testimonianza della vita cristiana. Padre Virginio era tra i missionari che ogni anno otteneva il maggior numero di conversioni. E c'è da sottolineare che la sua vita era una pagina aperta di vita evangelica fondata sulla preghiera, sulla povertà, sull'ascesi e sul quotidiano metodico adempimento dei suoi numerosi impegni.

La sua era una giornata che cominciava al mattino presto e si chiudeva sempre a sera inoltrata. La sua metodicità era salvata anche dalla parentesi di una giornata alla settimana in cui si assentava dalla parrocchia per andare in treno fino a Kobe, e, poter fare poi delle escursioni sulle vette delle incantevoli montagne che fan da corona a quella che nel Giappone è considerata la Napoli dell'Oriente.

Insegnante universitario

Mi son trovato con lui qualche anno dopo come collega nell'insegnamento all'università cattolica "Eichi" di Osaka dove egli era titolare della cattedra di Storia delle scienze politiche: ricordo che era stimato dagli alunni che spesso si fermavano a conversare con lui anche negli intervalli tra una lezione e l'altra; ed era apprezzato da tutti i colleghi.

A capo della comunità

Per due turni di tre anni i Saveriani del Giappone gli hanno affidato il governo di tutta la regione. Fu il momento in cui dimostrò con la vita che l'autorità è servizio comunitario svolto ne,ll'umiltà e nella stima sincera verso ogni persona. Era del parere che i programmi fossero discussi e impostati insieme: tutti poi dovevano concorrere per la loro realizzazione. Il superiore aveva il compito di dare l'esempio e di stimolare tutti a dare il personale contributo.

Lo schianto del terremoto

Il momento più doloroso della vita di p. Virginio credo sia stato il terremoto del gennaio 1995: in un attimo la bella chiesa in stile gotico del centro di Kobe dove egli  lavorava fu ridotta a un cumulo di macerie. Con l'aiuto degli amici vicini e lontani avrebbe voluto iniziare subito i lavori per la ricostruzione, ma non era questo il programma del vescovo che preferì unire quella comunità non molto numerosa alla parrocchia più vicina.

Padre Virginio dovette così lasciare la comunità alla quale era affezionato e orientarsi verso un altro posto di lavoro. Invitato dal vescovo di Oita, che lo stimava moltissimo, chiese di trasferirsi in quella diocesi.

L'incontro con il Signore

La morte lo ha sorpreso mentre si era messo di nuovo, certo un po' più stanco e affaticato, al suo consueto lavoro di catechesi personale, di annuncio del Vangelo di Gesù nelle mille forme di contatto e personale e comunitario con la gente della città di Miyakonojo al sud dell'arcipelago nipponico. Lo ha bloccato un infarto che sembrava già superato grazie al pronto intervento dei medici ... ma poi è avvenuto un ulteriore blocco con embolia celebrale irreversibile.

È spirato tra le braccia del fratello D. Francesco che era volato laggiù da Brignano, dove ora risiede, nella speranza di aiutarlo a superare la malattia. Il Signore lo ha chiamato a sé, invece, perché era arrivato ormai al traguardo luminoso della sua vita, col prezioso bagaglio di una fede carica di testimonianza evangelica genuina.

Siamo tutti convinti che non può non essere con il Signore chi ha donato la vita perché tanti altri arrivassero a conoscerlo e ad amarlo per sempre. Sarà stato accolto con gioia, in paradiso, dai grandi missionari del Giappone, dai tanti martiri della Chiesa giapponese e continuerà con loro a glorificare il Signore e a implorare forza e perseveranza a quanti sono impegnati, in quella missione, a proclamare con la vita, sostenuti sempre dalla forza dello spirito e seguendo l'esempio di Gesù, l'amore del Padre.



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