Speranza di pace in Burundi
Scrivo mentre scorrono attraverso il paese vibrazioni nuove, chissà, forse l'annuncio della primavera. Forse, dopo cinque anni di bufera, s'intravedono segni di pace. Forse, sia chiaro: perché tutto è così fragile, così incerto, meno la divisione profonda che separa uomini e cuori. Ma la speranza è il nostro mestiere, la nostra passione, rischiamo quindi di sperare!
Domattina, più umilmente, attendo qui a Ruzo l'arrivo di una decina di famiglie. Ci sarà la distribuzione di altrettanti poderi che per una combinazione fortunata sono riuscito a trovare. Prevedo che ci saranno dei problemi, anche se i miei amici mi assicurano di no. Comunque pensate che sono riuscito ad acquistare terreni ad un prezzo bassissimo; diciamo che ho avuto una fortuna sfacciata, e con me questi fratelli poveri che, dopo avere assaporato l'amarezza dell'espulsione e della confisca, la tristezza della fuga e dell'esilio, stanno constatando, grazie anche a voi e al vostro aiuto, che in questo pianeta desolato, così simile a un deserto squallido, fiorisce ancora la bontà.
Così domani potremo finalmente festeggiare, come avevo promesso agli amici di qui, il centesimo campo. Davvero è stata una sorpresa quella di trovare un certo numero di abitanti disposti a cedere parte del loro terreno. Immagino che vogliano tentare di aprire un'attività commerciale, l'unica che consenta a questa gente l'adito a certi guadagni. Per me va bene.
E così attendo per domani a mezzogiorno Pietro, Vittorio, Mattia, Francesco, Ignazio, Ermenegildo e qualche altro: passeremo del tempo a tavola, poi se ne andranno felici, riconoscenti; questi amici meravigliosi, che hanno donato tante giornate di fatica ai loro fratelli sventurati. Senza di loro non avrei neppure potuto iniziare l'avventura nella quale vi ho chiamati, e che felicemente sta per avviarsi verso la sua conclusione.
Con grande sorpresa dei benpensanti di qui è stato possibile trovare persone disposte a offrirsi come intermediari e garanti, volontari per andare a visitare terreni in posizioni scomode; c'è chi ha sprecato tutta una giornata solo per visitare un terreno. E tutto questo gratis: una parola che ha dello scandaloso da queste parti.
Ed è il prodigio che stiamo tentando di far nascere, e che sta prendendo forma e consistenza. Grazie di questo, amici cari: la vostra collaborazione ha reso possibile da parte mia la proposta nuova presentata alla gente di qui, ed accolta da parecchi fra loro, con un concorso benevolo. Ripenso al saggio Cosma che nel novembre scorso dichiarava il suo scetticismo di fronte alla mia richiesta. Lui, che personalmente mi ha aiutato più di una volta con generosità grande, riteneva i suoi vicini incapaci di lavorare senza ricompensa. Ed invece si sbagliava: ce ne siamo felicemente convinti ambedue.
Adesso godiamoci la primavera che, vogliamo sperare, rivesta di corolle il nostro paese e riempia il cielo di rondini. O sto ricordando le primavere della mia infanzia? Qui ci stiamo avvicinando alla scadenza del raccolto: ormai le colline sono coperte di piantine verdi che le ultime piogge hanno benedetto. I fagioli saranno abbondanti; a fine giugno inizierà la vendita del caffé: ci saranno le arachidi e le banane.
E per i poveri la vita continua: umile, profumata. Gioiosa. È a loro che la Gioia del Signore è stata promessa. Io, privilegiato, approfitto della vicinanza che mi è stata accordata, e così ricevo la sovrabbondanza delle benedizioni che scendono su di loro. E la invio anche a voi.