Siamo tutti una missione vivente
La missione non è facoltativa, non può essere solo un ornamento; la chiesa italiana senza la missione muore.
C’eravamo anche noi di Ancona, inviati dal Centro missionario diocesano, al primo Festival della missione, che si è svolto a Brescia dal 12 al 15 ottobre. È stato ricchissimo di iniziative, incontri, spunti di riflessione e anche un’occasione preziosa di incontro e confronto tra laici e consacrati. Ecco alcuni input che ci hanno particolarmente colpito.
“Tu stesso sei una missione”, così dice papa Francesco e ce lo ricordava a un incontro dedicato al laicato missionario, un responsabile dell’Ufficio missionario di Brescia. Come battezzati, tutti abbiamo ricevuto una missione, siamo testimoni della Buona Notizia. Gesù e quindi ciascuno di noi è sempre, in realtà, una missione vivente.
La crisi della missione. Il superiore generale della Consolata, parlando del momento di crisi che attraversano tutti gli istituti religiosi, ha evidenziato come molte delle vocazioni oggi arrivino da paesi extraeuropei e il nostro eurocentrismo fa ancora fatica ad accogliere questa novità. Qui c’è crisi di vocazioni e là ci sono poche facoltà di teologia. La fede può mostrarci il nuovo che sta nascendo: lo stile di missione sta cambiando e si sperimenta che la cooperazione tra laici e consacrati è già una fruttuosa realtà.
L’amicizia via della missione. Un’altra bellissima figura che ci è stata presentata è quella di p. Matteo Ricci. Il missionario originario di Macerata ci parla in modo attuale, a distanza di centinaia di anni. Giunto in Cina tra i primi, ha trovato nell’amicizia e nella condivisione una via nuova di fare la missione. Vivendo le relazioni con i suoi nuovi amici cinesi, ha saputo trovare il modo di farsi prossimo e di annunciare il vangelo.
Ci ha colpito il suo esempio, che ha messo al centro le relazioni come strategia dell’annuncio. Ci sembra profetico e ci ricorda che la Parola di Dio trova sempre nuove strade per farsi presente nella vita. Ciascuno può e deve essere annunciatore, missionario, con gli amici, nei luoghi di lavoro e del proprio impegno.
Il tema delle partenze verso le terre di missione è stato un altro caposaldo delle giornate di Brescia. È vero che in Europa e nella nostra Italia c’è tanto bisogno di aiuto e di annuncio, ma l’andare fuori rimane un movimento importante, perché rappresenta il lasciare tutto per essere solo di Dio; è fedeltà a una vocazione specifica. Ciascuno nella Chiesa, che è corpo di Gesù, ha un proprio compito e i missionari hanno prioritariamente questo: l’annuncio ai non cristiani e a chi non appartiene alla propria cultura di origine. Oggi, ancora di più, siamo inviati verso coloro dai quali nessuno va.
Concludiamo con le parole forti e impegnative del Vescovo di Bergamo: “Nella chiesa italiana è assolutamente necessario ritrovare le origini della missione ad gentes, che non è facoltativa, non può essere solo un ornamento! La Chiesa italiana senza la missione muore! Come vescovi abbiamo questa responsabilità, perché la missione è il paradigma di tutta la pastorale”. Buona missione a tutti!