Servizi silenziosi, ma pieni di gioia
Strada, comunità e servizio. Sono i tre punti su cui si confrontano quotidianamente i ragazzi e le ragazze scout. Nel loro cammino si impegnano in realtà poco conosciute dalla maggioranza delle persone. Alla loro età (tra i sedici anni e i ventuno) cominciano a capire meglio che la loro vita ha un senso più pieno se è donata, condivisa con persone che hanno bisogno di un sorriso, di una mano amica.
Parole non necessarie
Ho incontrato alcuni di questi giovani al gruppo "Salerno Primo". Valentina va dai ragazzi sordomuti allo "Smaldone", in via Pio XI a Salerno. Il servizio consiste nel fare doposcuola e animazione a questi ragazzi. È un mondo speciale, fatto più di gesti che di parole. Si comunica con i segni, si sorride. Ci dice che sono "bambini dolci". Si capisce che tutto è importante nel comunicare. Non bastano più le parole; a volte, non sono neppure necessarie: siamo noi stessi il linguaggio più comprensibile.
Marco e altri tre amici vanno una volta la settimana da Sara, una giovane di trent'anni che ha problemi motori e mentali. Ha bisogno di aiuto per muoversi. Tutti e quattro le consentono di fare i movimenti, di farla sentire viva e apprezzata come persona. "Questo servizio - dicono - ci ha aiutato a renderci conto dei bisogni particolari di ogni singola persona. Soprattutto siamo rimasti colpiti dalla fortezza della mamma che segue quotidianamente la figlia".
Accanto ai più piccoli
Francesco e un suo amico seguono i ragazzi del reparto (11-14 anni). Insieme ai capi, organizzano e preparano le attività. Soprattutto trasmettono le nozioni che hanno ricevuto quando anche loro erano in reparto. Il contatto con i ragazzi ha cambiato i loro atteggiamenti e li ha resi più maturi. Li aiuta a rendersi conto di quello che fanno.
Antonio va al centro "Don Gnocchi", sempre a Salerno. È un centro di riabilitazione per ragazzi down. Il loro servizio consiste nell'aiutare coloro che fanno tirocinio in questo centro. È molto colpito da come viene organizzato il lavoro. "Mi sono accorto che ci sono tanti tipi di malattie e mi è stato utile a eliminare i pregiudizi verso questi ragazzi".
Infine Roberta presta servizio ai bambini nel branco (8-11 anni). Aiuta i capi a preparare le attività e i giochi. Ora si ricorda di quando anche lei era lupetta e di quello che le avevano insegnato. È il suo momento di vivere e di insegnare quello che ha imparato.
L'accoglienza dei "senza fissa dimora"
Infine, ci sono coloro che si dedicano all'accoglienza dei senza fissa dimora nella casa dei saveriani a Salerno. Tutto è nato dalla domanda di una signora che chiedeva di fare qualcosa per loro. A questa provocazione, i saveriani hanno messo a disposizione dei locali per queste persone in difficoltà.
"Lo scopo - dice il volontario Giuseppe - è quello di offrire un luogo per fare la doccia e per dormire. Doveva essere una breve esperienza, ma continua da quattro anni. Non è semplice accogliere questi fratelli che vivono situazioni difficili a livello famigliare o che provengono da altri paesi del mondo".
L'accoglienza va da novembre a marzo. La maggioranza degli ospiti è straniera, ma c'è anche qualche italiano. Attualmente ci sono 18 posti letto e le persone vengono accolte dalle 20,30 di ogni giorno. Sono presentate dalla Caritas o da qualche parrocchia.
Al mattino, la sveglia è alle sette, per riprendere il lavoro o la strada. Si cerca di parlare con loro, di farli sentire persone. Giuseppe ne è convinto: "Non sono cose fastidiose, che creano ripulsione, ma persone vere con la loro dignità da rispettare". Servire è qualcosa di bello ed entusiasmante, che rimane nel cuore per sempre.