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Se l’Europa finisce dietro alla lavagna

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Irina si siede sullo skateboard e, spinta da Andrej, trasforma il chiostro in un circuito da Formula 1. Milla li guarda e corre dietro a loro, accompagnati dall’amico a quattro zampe che non smette di abbaiare ad ogni movimento sospetto. Un pianto, un capriccio, un malinteso interrompe il Gran Premio e tocca alle mamme capire cos’è accaduto. Normali scene di vita quotidiana, di bambini, di gioco. L’anomalia, se così possiamo definirla, è che si svolgono in un’ala della casa dei saveriani di Brescia, dove hanno trovato ospitalità alcune famiglie ucraine sordomute. Erano passati solo 10 giorni dall’invasione russa e queste persone già raggiungevano l’Ente Nazionale Sordi cittadino per chiedere ospitalità. I saveriani hanno dato la loro disponibilità, come già era successo a fine estate per i cittadini afghani, ma l’accoglienza non si era concretizzata per presunti problemi segnalati dalle istituzioni (ora magicamente venuti meno di fronte a un popolo diverso in fuga dalla guerra?).
Le famiglie sono arrivate con le loro auto, i propri scarni bagagli dopo un viaggio interminabile. Non hanno le fattezze dei profughi dell’immaginario collettivo. Sono cittadini, di fatto, europei che lasciano città europee dove avevano una vita, un lavoro, una casa. È questo l’aspetto tremendo di un conflitto che ha coinvolto un popolo a noi noto, perché presente nei nostri tessuti sociali con vari ruoli. E se dovesse mai capitare a noi un giorno di dover scappare e raggiungere un altro Paese del nostro continente per evitare bombe, attacchi e paura? È vero che l’Ucraina in “guerra” c’era da otto anni, ma forse non ci siamo accorti, troppo preoccupati a curare i nostri affari con chiunque e a qualunque costo.
Ora, l’Europa ha spalancato le porte, anche quelle nazioni che per altri ha tirato fili spinati. Il grande cuore italiano nell’emergenza pulsa più forte e risponde presente. Possiamo dirlo. Forse perché abbiamo subito sul nostro territorio numerosi disastri naturali, la nostra nazione ha insita una naturale predisposizione all’accoglienza, all’aiuto. Ma tra qualche mese? Se la guerra dovesse proseguire, saremo in grado di normalizzare l’emergenza, di assorbire senza tensioni questi cittadini nella nostra società? Già con il Covid, abbiamo visto cos’è accaduto dopo l’unità da… canti sui balconi. Speriamo che la storia recente, almeno in questo caso, insegni a fare meglio. I cosiddetti grandi della terra, invece, in questa materia sono stati sicuramente rimandati a settembre.



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