Riconoscenza, gioia, perdono
P. Siro, saveriano vicentino originario di Lonigo, da molti anni è missionario in Amazzonia (Brasile). Da pochi mesi, ha tagliato il traguardo dei 60 anni di ordinazione presbiterale. Esprime qui i suoi sentimenti.
È già passato un po’ di tempo da quando ho celebrato i miei sessant’anni come presbitero. Molti sono i sentimenti che questo anniversario ha suscitato nel mio cuore. Cercherò di esprimere almeno qualcuno dei principali: riconoscenza, gioia, perdono.
Il primo sentimento è quello di profonda riconoscenza. A Dio che mi ha chiamato a collaborare nella costruzione del suo Regno, come presbitero, missionario e religioso nella congregazione Saveriana, specialmente in terra amazzonica. Fin da piccolo, quando ero chierichetto nel Duomo di Lonigo, ho sentito che Dio mi chiamava a seguirlo. Poco per volta mi sono accorto che la strada era quella della vita religiosa, per essere missionario nel mondo. Allora sognavo la Cina o l’Africa. Mi vedevo circondato da bambini dagli occhi a mandorla, oppure da piccoli “moretti” simpatici e allegri.
I lunghi anni di studio a Vicenza, a Desio (MB) e a Parma hanno maturato le mie idee. Alla luce dell’insegnamento del nostro Fondatore, san Guido Maria Conforti, ho capito che il mio cuore avrebbe dovuto abbracciare il mondo intero, “per fare di questo mondo una sola famiglia”.
Il 16 ottobre 1960, assieme a 23 confratelli, sono stato ordinato presbitero per sempre. Ricordo le prime esperienze quando potevo consacrare quell’ostia e quel vino, nel Corpo e Sangue di Cristo. Ma era emozionante anche alzare la mano per dire: “Io ti assolvo...”. Tutto questo faceva parte della mia esperienza, che mi faceva maturare nella vocazione. Nel 1964 ho avuto il privilegio di essere destinato alla missione del Brasile, più specificamente, in Amazzonia. Nella mia testa, era un sogno pieno di mistero: foresta immensa, i più grandi fiumi del mondo, tribù di indios, bestie feroci, tanta povertà, calore immenso, malaria, molta umidità... Con il passare degli anni ho visto che tutto questo è quasi vero, ma non è una cosa dell’altro mondo. Si può vivere molto bene e seminare la Parola del Vangelo a larghe mani. La gente ha i suoi limiti, ma è simpaticissima, accogliente, generosa...
Sono già passati 56 anni di vita missionaria. Quanti Battesimi ho fatto? Quanti sacramenti? Quante omelie? Solo Dio lo sa, come sa anche quanti sbagli ho fatto. Li metto nelle mani misericordiose del Padre.
Se dovessi nascere di nuovo e incontrassi lo stesso ambiente familiare e religioso, con certezza farei della mia vita la stessa cosa. Naturalmente provo un’immensa riconoscenza verso i miei genitori, familiari, confratelli e formatori, amici e benefattori che, silenziosamente, sono stati gli ispiratori e sostenitori della mia vocazione e sempre mi hanno dato tutto l’appoggio per realizzare il mio sogno. E come dimenticare la riconoscenza che devo a migliaia di persone che hanno dato senso a tutta la mia vita nel cammino della costruzione di comunità che formano il Regno di Dio?
Il secondo sentimento è la gioia per la vita che il Padre Celeste, fin dalla mia infanzia, ha programmato per me. Se mi avesse riempito di regali, ricchezze, onori e di una salute perfetta, certamente il mio cuore oggi si sentirebbe vuoto. Il presbiterato e la vita missionaria sono stati i migliori regali che il buon Papà Celeste ha potuto offrirmi.
Il terzo sentimento è il pentimento con la richiesta di perdono per le mie debolezze, per tutto quello che non ho saputo fare. Posso dire di non aver compiuto tutta la missione che Dio mi ha confidato. Avrei potuto realizzare molto di più, ma i limiti umani, hanno limitato il mio lavoro missionario. Spero che il Signore, nella sua infinita misericordia, mi perdoni.
Non posso terminare questa mia riflessione senza chiedere a Maria Santissima, di suscitare in me gli stessi sentimenti che lei ha manifestato nel Magnificat: “La mia anima esalta il Signore, perché ha guardato alla mia piccolezza e ha fatto in me grandi cose” (cf. Lc 1,46-55). Nonostante la messe continui a essere grande e gli operai ancora pochi, in tutti questi anni ho cercato di seminare lo spirito missionario e qualche risultato si può vedere. Sono sementi che certamente un giorno produrranno qualche frutto! Sia ringraziato il Signore!