Riapriamo il Parco della Mondialità?
Non si odono più le festose voci dei bimbi che, chiassosi, giocavano nel campo, né si vedono i nonnini seduti sulle panchine intorno al laghetto o le madri spingere le carrozzelle lungo i viali del Parco della Mondialità, ornati dai multicolori e profumati oleandri. Mancano anche gli occasionali visitatori che godevano della bellezza dei generosi alberi dispensatori di frescura e la dolce melodia del frusciare delle foglie, rispettose dei silenzi di coloro che amavano restare assorti nei propri pensieri.
Quanta tristezza davanti al cancello chiuso con un lucchetto che lascia intravedere un devastante deserto, dove regna il senso dell'abbandono e di un’insopportabile solitudine. Chissà quando questo luogo così amato tornerà a riempirsi di vita!
Così scrivevo in un post su Facebook nello scorso luglio. È nota la storia di questo luogo che il saveriano p. Aurelio Cannizzaro ha realizzato con tenace volontà, trasformando il greto del torrente San Biagio in luogo di incontro di culture, civiltà, religioni (lo testimoniano le diverse sculture, opere di artisti gallicesi) e soprattutto di persone. Percorrendo il parco si possono ammirare i grandi alberi e il folto verde che, in primavera, si adorna di tanti fiori profumati, che inducono a una riflessione sulla bellezza e varietà del creato e sul senso religioso della vita.
L’interdizione del parco al pubblico (a causa della prima ondata del Covid-19) potrebbe sembrare un falso problema, ma non lo è affatto. Gallico si sente impoverito di una struttura sociale e culturale molto importante, si sente derubato di un luogo molto amato. È difficile accettare l'idea che sia vietato ai cittadini di godere dell'eredità di padre Cannizzaro, in particolare se si ricorda ciò che egli amava ripetere: “Il Parco della Mondialità appartiene ai Gallicesi”. Per questo, mi auguro che il Parco possa al più presto essere restituito alla comunità gallicese.