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Questo è essere cristiani…

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Carissimo p. Filippo,
"grazie del tuo grazie", come diciamo in Burundi. Grazie anche a p. Corinaldesi per l'editoriale (rivoluzionario!) di gennaio-febbraio che scuote e attira, conquista e commuove. Nella chiesa, per vivere veramente la nostra fede, dobbiamo favorire il povero, da preferire e amare. Pur non avendo niente, ci benedice nel nome del Signore e ci salva. Qui in Burundi dico ai poveri: "Grazie, perché benedite anche noi missionari!". La benedizione di un povero che vai a trovare con gioia, da amico, vale più della benedizione alla fine dell’Eucarestia o di quella del Papa, perché accompagnata da un gesto concreto di bene. Ma Francesco è andato oltre, dicendo che "il povero è la carne di Cristo!" In kirundi traduciamo questa frase con: "il povero è Corpo di Cristo”. E la saveriana Virginia non è da meno, con il suo stile bello e nuovo. Grazie per questa linfa nuova. Con affetto riconoscente,

p. Modesto Todeschi, Burundi

Caro Modesto,
la riflessione di p. Savio è proprio nella linea del vangelo e di Francesco. Riguardo ai poveri, S. Giovanni Crisostomo diceva: “Non onorare il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori dal tempio trascuri quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità…”.
Dice papa Francesco: “Non si tratta dell'invenzione di un Papa o di un delirio passeggero, difendere i non nati, i poveri, i migranti. Quando incontro una persona che dorme nelle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto, un delinquente ozioso, un ostacolo, una immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire, a partire dalla fede e dalla carità, e riconoscere in lui un essere umano, una creatura infinitamente amata dal Padre. Questo è essere cristiani!”. I veri cristiani difendono gli immigrati e i poveri.
In Europa avanzano egoismo e chiusura. Per mons. Francesco Montenegro, cardinale di Agrigento, “i migranti, i poveri sono un termometro per la nostra fede. Non accoglierli, soprattutto chiudendo loro il cuore, è non credere in Dio. È Gesù a venire da noi su un barcone, è lui nell’uomo o nel bambino che muore annegato, è Gesù che rovista nei cassonetti per trovare un po’ di cibo. Sì, è lo stesso Gesù che è presente nell’Eucaristia”.
Mons. Bettazzi scrive così al premier Conte: “Siamo tanti a non volerci sentire responsabili di navi bloccate e di porti chiusi, mentre ci sentiamo corresponsabili di governi che, dopo avere sfruttato quei Paesi e continuando a vendere loro armi, poi reagiscono se si fugge da quelle guerre e da quelle povertà. Non vogliamo vedere questo Mediterraneo testimone e tomba di una sorta di genocidio, di cui diventiamo tutti in qualche modo responsabili… Vorremmo davvero che l’Italia non accettasse di divenire corresponsabile di una tragedia…”.



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