Quei matrimoni… di massa
Il missionario di professione non vorrebbe mai rientrare in Italia. Difficoltà, sofferenze, incertezze, delusioni non mancano, ma poi ci si alza, ci si strofina gli occhi, si sgranchiscono le gambe e... via per quel lontano villaggio, dove i catecumeni ti aspettano a imparare il Vangelo!
Lasciatemi dirne una delle mie. Era marzo di sei anni fa e celebravo l’Eucaristia a Marampa, un villaggio non lontano da Makeni, dando una mano al parroco. Conosco quella gente da oltre 30 anni. Una domenica mi fa specie che alla comunione vengano solo alcune donne e qualche studente. E gli altri che riempivano la chiesa e che io stesso avevo battezzato, come mai non si comunicano? Deve essere stato proprio lo Spirito Santo a darmi la parresia (franchezza) di affrontare l’argomento subito finita la celebrazione. E mi rivolgo soprattutto agli uomini. “Perché non venite a ricevere la comunione?” La risposta: “Perché non siamo ancora sposati in chiesa”. Ed io: “Ma perché non vi sposate in chiesa?”. “Perché non abbiamo i soldi per il matrimonio tradizionale” (soldi necessari da dare alla famiglia di lei; e, se non si sposano in casa, non possono farlo in chiesa!).
Allora mi faccio coraggio e propongo loro di impegnarsi “a ricompensare la famiglia della sposa” entro il 31 dicembre. Ben 22 uomini, praticamente tutti, alzano la mano. Si sarebbero impegnati al matrimonio, prima tradizionale e poi quello cristiano, entro la fine dell’anno. Ero commosso e un po’ dubbioso… Invece, 14 coppie si sposano, una alla volta, nelle loro case. A gennaio, iniziamo la catechesi sacramentale, ogni settimana. E ben pochi erano gli assenti. Poi fissiamo la data del 4 maggio per il matrimonio di queste 14 coppie. Con l’aiuto di qualche amico dall’Italia, regalo alle future spose stoffa bianca speciale, da festa.