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Quando lo scorso luglio è stata pubblicata l'enciclica di Benedetto XVI "Caritas in veritate", non abbiamo avuto il tempo di approfondirla. Ci siamo limitati ad annunciarla (si veda l'editoriale su "Missionari Saveriani" n. 8, settembre 2009). A distanza di qualche mese, è giusto far emergere alcune linee centrali che guidano il pensiero e il discorso del Papa.

Evidentemente le considerazioni potrebbero essere molte, ma mi limito ad alcune, anche per i limiti di spazio. Il tema dello sviluppo integrale riguarda da vicino noi missionari, che in questi problemi ci imbattiamo continuamente.

Completa le altre due lettere

La prima osservazione è che Caritas in veritate è come il completamento delle altre due encicliche di Benedetto XVI. In Deus caritas est egli ha spiegato il tema centrale della nostra fede: Dio è amore; un amore che è la vita stessa di Dio, ma che viene offerto anche a noi in modo che possiamo amare il prossimo, come Gesù stesso ci ha amato.

In Spe salvi, l'enciclica sulla speranza, il Papa ricorda che le nostre piccole o grandi speranze quotidiane hanno forza solo se le consideriamo sull'orizzonte di quella "grande speranza" che viene da Dio: "Egli ci ha amati e ci ama tuttora sino alla fine". È questo che ci dà un futuro e ci impegna a creare futuro per tutta la famiglia umana.

In Caritas in veritate il Papa ci mostra come noi possiamo concretizzare la speranza, operando per la crescita e lo sviluppo autentico e duraturo della persona umana, per l'economia, l'ecologia, la cooperazione internazionale eccetera. La strada concreta è quella della "carità nella verità". In altre parole, non basta fare qualcosa per amore dell'altro. Per essere autentica, la carità deve essere ispirata dalla verità, dalla parola di Dio, dalla rivelazione che Gesù ci ha portato.

Prima di tutto, la persona

Il testo del Papa è molto ricco e profondo. Non è facile sintetizzarlo. Possiamo però far emergere qui alcune caratteristiche ed esigenze, che aiutano la nostra società a non imbarbarirsi, ma a crescere in umanità.

La prima affermazione da sottolineare è che, per un vero sviluppo umano, l'attenzione non deve andare prima di tutto alle tecniche, ai progetti, alle strutture economiche o di produzione, ma alla persona umana, alla sua vera natura, al rispetto della sua dignità e dei suoi diritti fondamentali, e alla sua vocazione. L'uomo vale più delle cose che ha o possiede, che produce o consuma; e con l'uomo, la vita umana nella sua integrità vale più di ogni altra cosa.

Il Papa ricorda che "non vi sarà sviluppo pieno né bene comune universale senza il bene spirituale e morale della persona" (n. 77). Solo in questo modo si potrà costruire una "civiltà dell'amore" (n. 33). A molte riprese, egli ricorda il bisogno di un "umanesimo cristiano", ossia di una visione cristiana dell'uomo che riconosca il primato di Dio, per salvare l'uomo "dall'asservimento e dalla manipolazione" (n. 26).

Secondo, il dono solidale

In questa stessa linea, il Papa chiede di introdurre nel campo dello sviluppo, dell'economia, della tecnologia e della scienza il "principio del dono"; il richiamo cioè alla gratuità, alla solidarietà e alla fraternità. "Nell'epoca della globalizzazione, l'attività economica non può prescindere dalla gratuità che dissemina e alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia e il bene comune" (n. 38).

È l'invito a pensare l'attività di sviluppo, non solo come fonte di profitto (è normale che un profitto ci sia; forse per qualcuno ce n'è anche troppo!), ma anche e soprattutto come attenzione e cura degli altri. Questo atteggiamento, scrive il Papa, è riconosciuto efficace anche dagli economisti perché, insieme alle cose, produce un nuovo modo di essere che si ripercuote in modo benefico sulle persone e sulla società (n. 39).

Infine il Papa invita a pensare allo sviluppo del mondo tenendo conto della responsabilità che abbiamo di conservare i beni della creazione (terra, acqua, aria, energia...) "per i poveri, per le generazioni future e per l'umanità intera" (n. 48). Anche qui si deve applicare il principio della gratuità, perché "ogni lesione della solidarietà e dell'amicizia civica provoca danni ambientali, così come il degrado ambientale a sua volta provoca insoddisfazione nelle relazioni sociali" (n. 51).

Non è tutto. L'enciclica presenta altri spunti importanti; ma credo che questi offrano già una guida per il nostro impegno e siano una buona riflessione nello spirito della Pasqua.



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