Skip to main content

Per una civiltà dell'amore: Il dialogo tra le culture

Condividi su

Quale futuro per la Missione? Gli Istituti missionari nella Chiesa, oggi, hanno ancora un loro scopo di vita? Da quando sono nate nuove espressioni di inviati ad gentes (laicato missionario, preti fidei donum, volontariato) i missionari vecchio stampo si domandano: "Ma noi, siamo ancora necessari?". "La nostra vocazione, in questo mondo che sta vivendo una rivoluzione a 360 gradi, ha ancora un significato?".

Troviamo la risposta scrutando il potere dei segni. Oggi, più che un tempo, il mondo ha bisogno di testimoni e di profeti; di gente che crede nella convivialità delle differenze, nel dialogo tra fratelli.

Nella terra insanguinata d’Algeria, santuario del perdono, presso il tumulo di mons. Clavier si legge:

"Non possediamo ancora il vocabolario del dialogo; occorre cominciare a vivere insieme, creare dei legami umani, dove mettere in comune le nostre eredità culturali che fanno la grandezza di ciascuno".

Accoglienza e gratuità

Per la 34a Giornata Mondiale della Pace, celebrata il 1° gennaio scorso, Papa Wojtyla ha scelto come tema: "Dialogo fra le culture per una civiltà dell’amore e della pace". Parlando alla 50a Assemblea Generale delle Nazioni Unite il Pontefice ha affermato: "Dobbiamo vincere la nostra paura del futuro. Ma non potremo vincerla del tutto, se non insieme". L’anno 2001 è stato proclamato dall’ONU Anno Internazionale del Dialogo tra le civiltà; un’occasione unica per trattare le fondamenta del dialogo e le conseguenze e i benefici che se ne possono trarre per l’umanità.

Il dialogo è il solo strumento capace di condurci ad una pace mondiale duratura. È il dialogo delle religioni, il dialogo delle culture, delle civiltà: incontri di uomini e donne tesi ad edificare una civiltà dell’amore e della pace. Ogni persona, radicata nelle sue tradizioni culturali e religiose, è chiamata a condividere esperienze di preghiera, fede, impegno, per scoprire e venerare l’Assoluto. Ciascuno è chiamato a favorire questi dialoghi nei loro vari aspetti, in modo ad apprezzare i valori delle altre culture e delle altre religioni. Promuovere la mutua comunicazione dei valori sottostanti alla propria fede, offrire agli altri la possibilità di conoscere i valori delle Scritture della propria religione nel vissuto quotidiano.

Illuminata da questa luce, prende forma e significato la vocazione del missionario, oggi: diventare uomo di dialogo, che si esprime più in un incontro di cuori che di intelligenze. Affermava fratel Arturo Paoli al Convegno Missionario celebrato a Bellaria: "Vado per essere accolto, per cercare incontro-amicizia. Mi faccio povero, bisognoso di essere accolto. Lì si manifesta lo Spirito Santo: nell’accoglienza e nella gratuità".

Chi è chiamato alla missione nel nostro tempo, dovrebbe diventare l’uomo, la donna delle tre T:

  • trasparenza, che esige luminosità del vivere e dell’agire;
  • tolleranza, che chiede rispetto delle convinzioni altrui;
  • tenerezza, che si esprime nel fiducioso e accogliente abbandono all’amore.

"L’indifferenza – è solito dire don Oreste Benzi – è il demonio più pericoloso. Entra dentro i cuori, e li spegne".

Un segno dei tempi è la globalizzazione, che non dobbiamo demonizzare. C’è, non la possiamo cancellare dal nostro quotidiano, è un fenomeno, penso, irreversibile; è una "creatura" come un’altra: il cibo, il computer, il telefonino.

Quello che distingue l’uomo di fede è il modo con cui affronta i problemi che la globalizzazione pone, è come lui la affronta e la vive. Così è per la religione, che è uno strumento, e non un fine.

Siamo nati per cercare l’Assoluto, amarlo, unirci a lui per sempre; Dio ci ha creato per Lui, non per essere cristiani: la fede è solo un mezzo per raggiungerlo. Scriveva il filosofo Shopenhauer: "Le religioni sono come le lucciole, che splendono nel momento delle tenebre".

Nella stele di Asoka (imperatore buddista vissuto nel II secolo Avanti Cristo) troviamo incise queste parole: "Bisogna evitare di esaltare la propria religione e di criticare quella degli altri. La concordia tra tutte le religioni è certamente auspicabile, perché persone che pensano diversamente possano capire e servire la religione gli uni degli altri".

Un messaggio di speranza

L’attività missionaria del Terzo Millennio sarà dunque un’opera di riconciliazione in grado di restituire agli uomini e alle donne la loro dignità, di guarire una società malata abbattendo i muri di ostilità che ci dividono. Le suore che a Calcutta raccolgono i malati terminali, nella Casa dei Morenti ungono la fronte dei cristiani con l’Olio Santo; ma spruzzano acqua del Gange sul capo degli indhu e pongono il libro del Corano tra le mani dei musulmani. La loro fondatrice, Madre Teresa, invitava le sue sorelle ad "amare la religione dell’altro", mentre affermava: "Amo tutte le religioni; ma sono innamorata della mia".

La Gaudium et Spes (n.58) afferma che la Chiesa, nella sua missione evangelizzatrice, è chiamata a portare il suo messaggio di speranza a tutte le nazioni della terra e ad entrare in comunione con le diverse forme di cultura; da tale comunione, realizzata in spirito di dialogo, la Chiesa stessa ne esce arricchita.

Nessuno può negare le differenze tra le religioni; ma come cristiani noi siamo invitati al "dialogo tra uomini e donne di religione", per spalancare le profondità del cuore di ciascuno, nell’intento di scoprire gli elementi comuni che abbiamo, al di là del vocabolario, dei sistemi teorici e delle teologie differenti.

Lo stile e la cultura del dialogo sono particolarmente significativi nella complessa problematica delle migrazioni verso il nostro Paese, rilevante fenomeno sociale tipico del nostro tempo. È necessario che la nostra gente sia spinta ad una concreta azione comune a favore di una cultura dell’accoglienza, che si alimenti d’uno spirito di giustizia e si fondi sulla conoscenza e nel vicendevole rispetto.

L’arcivescovo di Milano, card. Carlo M. Martini, esaminando il fenomeno dell’immigrazione, dipinge tre scenari: secolarizzazione, integrazione e integralismo:

"Sì, temo che ci sarà una prevalenza della secolarizzazione: molti immigrati finiranno con l’omogeneizzarsi e accogliere la modernità europea, il suo scetticismo e indifferentismo. L’unica prospettiva accettabile è l’integrazione graduale nel rispetto dell’identità e nel quadro della legalità e cultura del Paese ospitante. Anche per evitare il rischio dei ghetti, in cui si conservino rigidamente le proprie tradizioni, con la prospettiva di una conquista graduale del territorio grazie al crescere della natalità. La presenza degli stranieri, del resto, è anche l’occasione di recuperare la propria identità, con la forza evangelizzatrice delle origini. Non temo il fatto che sarà forse una minoranza a farequesto. Ci ritroveremo nella situazione dei primi tempi della Chiesa, quando una minoranza convinta, entusiasta e cosciente della sua fede ha fatto miracoli".

Partiamo dai bambini

Bisogna partire dai bambini, far capire loro che ciascuno di noi – cristiano, musulmano, buddista, di pelle chiara o scura – ha una parte nel mondo, e attraverso il dialogo si può creare lo spirito di collaborazione necessario per l’unità della famiglia umana. Insegnare nelle scuole a dire "buongiorno" in cinese, o "non ti senti bene?" in arabo, può essere un piccolo gesto di cortesia nei confronti dei compagni stranieri; ma l’integrazione è tutta un’altra cosa.

Scrive Kenneth Cragg: "Il nostro primo dovere, avvicinandoci ad uno straniero, ad un’altra cultura e religione, è toglierci i calzari perché il luogo in cui stiamo per entrare è sacro".

Dobbiamo essere aperti al futuro, alla speranza, vincendo il timore e l’egoismo. Quando la speranza fa il nido in noi, nascono quasi subito pensieri con le ali.



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 5483.46 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Dicembre 2022

Buon Natale dalle Marche!

Nella nostra società e tra noi cristiani c’è la tradizione di fare o inviare gli auguri di Buon Natale. Ormai si scrivono poche cartoline. Sono più...
Edizione di Maggio 2020

La santità del quotidiano

Scrivere di fratel Gino Masseroni non è semplice, perché non si può ridurre a poche righe la grandezza che quest’uomo ha rappresentato per molti e ...
Edizione di Dicembre 2012

Buon Natale nella fede

"Se Dio non avesse avuto fede nell'umanità non si sarebbe fatto uomo!"... E certamente non avrebbe affidato agli uomini e alle donne il tesoro prez...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito