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Parrocchia e missione in città: La parrocchia delle Nazioni Unite

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Taipei: un esempio del mondo di domani

Arrivato a Taiwan dalla terra del Friuli, ho avuto l'impressione di una "torre di babele", formata da gente immigrata dalla Cina e da varie tribù locali. Telegiornali e avvisi in metropolitana sono in 4 lingue: cinese, taiwanese, ackha e inglese. Di lingue locali aborigene ce ne sono 11, dicono gli antropologi.

Premetto che noi saveriani abbiamo accettato la parrocchia, non per una scelta teologica, ma dietro la spinta di fattori contingenti, come la difficoltà di trovare alloggio e la morte improvvisa del parroco cui davamo una mano… E ora mi ritrovo a fare il parroco a Taipei.

Quando torno in Italia, incontro i parroci amici; parliamo delle varie attività pastorali; osservo tante cose. E mi chiedo: che differenza c'è tra me e loro? Mi rendo conto che le varie realtà parrocchiali sono, allo stesso tempo, simili e diverse. Certamente c'è diversità di cultura e di ambiente; ma la parrocchia, in fondo, interpella sempre sulla missione.

Il disagio di un missionario parroco

Durante questi anni ho riflettuto, personalmente e in comunità, su questa tematica. Sentivo anche un certo disagio, quasi che la missione mi chiamasse a un qualcosa che è fuori e oltre quello che sto vivendo, al di là di quanto la situazione concreta mi sta chiedendo, come se la parrocchia non fosse "missione".

Parlo e scrivo spesso della parrocchia, dei cristiani, delle attività che noi missionari svolgiamo in parrocchia. Ne parlo perché è il nostro lavoro. Qualcuno obietta: "Ma tu non sei missionario? Parlaci piuttosto sul dialogo: è un tema di maggiore attualità…". Accetto l’obiezione, ma mi domando: “Qui in Asia, qui a Taipei, che cosa vuol dire fare missione, essere missionario?”.

La stessa fede, in sedici lingue

L'Epifania è il giorno della manifestazione di Gesù a tutti i popoli, il giorno della missioneper eccellenza. Da vari anni ho introdotto la tradizione di pregare nella lingua propria dei cristiani che risiedono in parrocchia. Ho chiesto ai cristiani che alla preghiera dei fedeli usassero la loro lingua madre. Ho scoperto che nella nostra piccola parrocchia di appena 150 cristiani, ci sono ben 16 gruppi linguistici e culturali diversi. Durante la Messa dell'Epifania abbiamo pregato in 16 lingue.

Dopo la Messa, un cristiano mi ha detto: "Sembrava di essere alle Nazioni Unite!".

La parrocchia delle nazioni unite

A me non sembravano le Nazioni Unite; sembrava invece la realtà vera della chiesa universale attualizzata. Lo dimentichiamo facilmente: la chiesa è quella realtà universale che ha già realizzato nei secoli l'unità dei popoli.

La chiesa chiede a noi di "perderci" (perdere la nostra cultura, la lingua, le tradizioni…), per poi ridonarci pari pari le stesse lingue, tradizioni e culture, ma in modo diverso, filtrato con l'occhio dell'amore. Un modo che non divide ma integra, che non esclude ma include: perché il messaggio universale di Gesù costruisce la comunità umana con le diversità. Non appiattisce come la globalizzazione dove tutti devono vestire uguale, mangiare uguale, parlare uguale, pensare uguale…, perché il diverso disturba. Il messaggio di Gesù, invece, il diverso lo valorizza.

La parrocchia, esempio del mondo di domani

Insomma, la parrocchia è via alla missione e via della missione.

La parrocchia è un piccolo esempio concreto di come può essere il mondo di domani, cominciando da adesso: un mondo senza barriere; un mondo di fraternità, dove non ci si vergogna di essere diversi.

La parrocchia come famiglia, dove si ritrovano i rapporti smarriti. L'immigrazione dalla Cina ha rotto tutti i rapporti: quante famiglie restano ancora divise dopo cinquant'anni! Ora trovano nuovi rapporti nell'amicizia con altre persone che mai avrebbero immaginato di incontrare.
La parrocchia, luogo di socializzazione e di amicizia. Questo, oggi, nei nostri paesi non accade più, esistono gruppi diversi che si appartano, ma che non riescono poi a soddisfare pienamente la vera sete dell'uomo. Perché l'unico che può soddisfarla è Gesù Cristo.

La via della missione, da percorrere insieme

Missione è manifestare a tutti i popoli la via alla vita. E la parrocchia è la via alla missione. Ma parrocchia intesa non come struttura; intesa come luogo di rapporti rinnovati, ambiente esperienziale, banco di prova, per poter poi dire agli altri amici: "vieni e vedi". Vieni e vedi che è possibile anche perdonarsi e dimenticare il passato, per costruire il futuro insieme. Prova anche tu, dacci una mano per quello che puoi: le varie iniziative di carità, con tanti amici non cristiani che vengono ad aiutarci alla mensa dei poveri, la visita all'orfanotrofio, il passatempo con gli anziani di Ba Li... Fa anche tu l'esperienza di annunciare il vangelo a chi non lo conosce e non lo vive ancora.

Ai re magi fu detto di "prendere un'altra via, più sicura…". È tempo che anche la parrocchia prenda la via della missione: una via annunciata, intuita, ma ancora non percorsa.



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