Padre Codenotti dal Giappone
Penso che decine di migliaia di giapponesi non aspettino altro che dire "eccomi", nel momento in cui rimettono piede nella propria casa. E "bentornato" è la risposta di chi era in attesa del loro ritorno. Parole magiche, usuali, quotidiane che esprimono familiarità, unità, gioia di sentirsi di nuovo a casa, in famiglia.
In un'intervista a un papà, che da tre mesi sulla costa è in cerca del corpo della propria bambina dispersa nella tragedia dello tsunami, gli hanno chiesto quale fosse il motivo di tanta insistenza. Lui ha risposto: "Non desidero altro che dire alla mia bambina «o kaeri nasai - ben tornata a casa!».
Con il medesimo significato, una famiglia di sfollati da Fukushima, ha detto: "Vorremmo presto pronunciare la parola «tadaima - eccoci tornati» e riprendere la vita di ogni giorno".
Come cristiano, prima che missionario, penso sia mio dovere "farmi prossimo" senza se e senza ma. Sentirmi solidale in modo indistinto con chi vorrebbe dire un giorno "tadaima" e sentirsi dire "o kaeri nasai".
Anche se le lingue potranno essere diverse, il linguaggio sarà sempre quello della speranza non delusa.
p. Claudio Codenotti, sx - Kaizuka, Giappone.