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P. Vitella: Dalle Colline del Burundi

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Per due mesi si è fermato in mezzo a noi p. Luigi Vitella, rientrato dal Burundi per un breve periodo di riposo e di aggiornamento. La sua testimonianza sulla Chiesa del Burundi è molto interessante.

Sei missionario in Burundi da una trentina d'anni: descrivici un po' come è organizzata la vita cristiana; gravita anche li attorno alla diocesi e alla parrocchia?

In ogni parrocchia c'è la cosiddetta centrale, con chiesa, sagrestia e locali per l'accoglienza. Intorno, più o meno a raggiera, lontane dal centro fino a 15 km, ci sono piccole e grandi Comunità, dette succursali, composte a loro volta da case sparse sulle colline o da quartieri cittadini. Gli abitanti possono essere da 30 a 60 mila. In ogni Comunità c'è un responsabile che anima la Celebrazione Eucaristica della domenica, coordina i responsabili delle colline o dei quartieri, i catechisti, e segue un po' tutte le attività, dalla catechesi ai sacramenti, dall'assistenza ai poveri alle scuole.

Il missionario  incontra di solito una volta al mese, a scopo di informazione e di formazione, i catechisti e i responsabili delle varie attività. Ci sono un po' ovunque gruppi ecclesiali, biblici, le corali, e stanno prendendo vita le piccole Comunità di base: attorno alla Parola di Dio affrontano i vari problemi delle colline e dei quartieri. C'è notevole libertà di azione e una decentralizzazione che lascia spazio alla creatività.

Mi pare che il 70% dei burundesi sia cristiano: come arrivate ad interessare i non cristiani?

Ci sono famiglie cristiane che per vari motivi non hanno fatto battezzare i loro bambini. Questi, a 6 o 7 anni, possono iscriversi a scuole organizzate dalla missione, dove con la catechesi e l'alfabetizzazione, si preparano al battesimo. Altri, studenti delle scuole elementari e superiori, motivati dai loro compagni e dai genitori, dopo una preparazione adeguata, vengono battezzati.

Ci sono poi degli adulti che, come per contagio di altri cristiani, vengono a iscriversi a un cammino di  preparazione al battesimo. C'è da notare che ora, a causa di un forte pullulare di sette, si cerca di dare una formazione più profonda ai battezzati e ai battezzandi, soprattutto attraverso le Comunità di base e i gruppi biblici.

La guerra tra hutu e tutsi è ancora drammatica o s'intravede qualche segno di riconciliazione?

Tra le due etnie c'è una grande divisione, causata da un monopolio di potere, divisione che appare più evidente nella capitale con la cosiddetta balcanizzazione. I tentativi di negoziati tra i vari partiti perdurano da anni, ma con pochi risultati. La soluzione con la forza, attraverso la guerriglia, resta ancora un grosso punto interrogativo. Noi da otto anni non facciamo che parlare di verità, di giustizia e di perdono.

Ci sono piccole Comunità cristiane che danno una buona testimonianza di riconciliazione. Altre Comunità, molto meno. Incredibile vedere dove arrivano le divisioni, se non ci riconciliamo! Un buon tentativo di riconciliazione tra i giovani è costituito dal nostro Centro di Kamenge dove attraverso incontri e attività di ogni genere si sta facendo un cammino di "riconciliazione" tra le migliaia di giovani che lo compongono.

I giovani sono aperti al Vangelo e arrivano anche alla consacrazione sacerdotale e religiosa?

In un clima di guerra, di divisioni e di lotta per la vita, molti giovani sembrano scoprire nel Vangelo la soluzione dei loro problemi esistenziali e c'è un fiorire di vocazioni. Il problema grosso, forse, è il discernimento.

Hai qualche problema particolare che vorresti far conoscere ai lettori?

Le iniziative sono tante. Dato che me lo domandi ne scelgo una che ho avviata all'inizio della guerra, otto anni fa, nel nord del Burundi, e che interessa otto Centri lassù sulle colline e altri tre nella periferia della capitale. Il futuro del Paese sono i bambini e i giovani. Aiutare i bambini orfani a vivere innanzitutto e poi a studiare, penso sia il migliore investimento per la ricostruzione del Burundi. Al momento sono già più di 2.500 i bambini orfani che aiutiamo con le "adozioni a distanza".

E poi, sempre nella misura del possibile, aiutare i ragazzi e le ragazze a completare i loro studi: l'istruzione non è tutto, ma è fondamentale.



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