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P. Tassi, uomo di fede e preghiera

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Da buon marchigiano, era di Poggio San Marcello, p. Piermario Tassi si doveva “risparmiare” per durare a lungo in missione. In effetti, se non fosse stato per questo virus, avrebbe probabilmente tirato avanti ancora un poco. Aveva passato i 90 anni, essendo nato nel 1929.

mar Tassi Piermario e famiglia ordinazionePrima della missione, aveva insegnato italiano nelle nostre case apostoliche, perché il piglio del professore ce l’aveva. Dava lezione di italiano e di francese a chi ne aveva bisogno. Era arrivato in Congo RD dopo i terribili avvenimenti degli anni '64 e '67. Era responsabile della casa Regionale di Bukavu, casa di accoglienza per noi che arrivavamo dall'interno. Era usata per riunioni, capitoli o semplicemente per riposare dopo malarie o malesseri pesanti. Bukavu si trova a più di 1.400 metri sul livello del mare e si affaccia sul lago Kivu. Quell'angolo d’Africa l'avevano battezzato la Svizzera del Congo. Purtroppo, ora porta i segni di una crescita disordinata e povera, di violenze per guerre vecchie e nuove.

P. Pier Mario era sempre preso dai numerosi servizi della casa Regionale. Tra il via vai di tante persone e i compiti di approvvigionamento. Trattava con i venditori che venivano coi loro carichi di frutta e verdura sulla testa, seguiva gli operai, aveva il suo bel da fare. L'avevo conosciuto quasi dieci anni prima con p. Virginio Simoncelli alla missione di Kitutu, insieme a p. Giulio Simoncelli, p. Renzo Bon e p. Battista Barbeno. Noi eravamo ragazzi di 23 anni e lui invece allora ne aveva 46.

Mi ricordo con simpatia quando mi chiamava nella sua stanza, ufficio-magazzino, per darmi qualcosa da sistemare. L'impresa che mi fece tremare un po' è stata quella di sostituirgli il cordino della sintonia della sua radio Zenith Trans Oceanic, una radio made in USA, multi banda, che riusciva a captare soprattutto le partite trasmesse dall'Italia in onde corte. Si diceva che per l'occasione la RAI si appoggiasse alle antenne di Radio Vaticana. In effetti, finite le partite, la trasmissione calava vistosamente di qualità.

Era assiduo della liturgia comunitaria e quando qualche confratello si lamentava della poca luce lui suggeriva di cambiare gli occhiali. Me lo vedo ancora verso una certa ora passeggiare recitando il Santo Rosario tra i portici della residenza. La casa di Bukavu era stata progettata dal quel formidabile artista che è stato p. Angelo Costalonga. Un vero gioiello affacciato sul lago. Anche p. Angelo è stato portato via dal virus, assieme a fratel Lucio Gregato, che aveva ultimato i lavori della casa Regionale con un refettorio, un magazzino e un'ala nuova, con criteri più moderni (le stanze avevano un gabinetto, il lavandino e la doccia).

Tra i tanti aneddoti, ricordo quello di un dopo Natale degli anni ottanta. Eravamo arrivati da Kitutu con p. Piergiorgio Agostini e p. Gian Pietro Valenti. Finiti i safari e le celebrazioni del Santo Natale ci si trovava dopo una giornata di viaggio in Land Rover a Bukavu, per riprendere fiato e stare un po’ assieme. Al pranzo solenne, p. Mario tirava fuori le cose arrivate dall'Italia. C'era poi il momento del panettone, prezioso regalo di qualche amico e il vino… il famoso Verdicchio di Iesi, la sua terra. I calici erano dei bicchierini di liquore; mai centellinato tanto un vino!

L'ho rivisto qualche mese fa, ci siamo salutati. Mi ha sorpreso vederlo a Parma, lo credevo ancora ad Ancona. Mi ha salutato con il solito sorriso velato di ironia. Mi è sembrato il Piermario di sempre, magari un po' più stanco. Non stava benissimo, ma il mio cuore ha continuato a vederlo come l'avevo conosciuto tanti anni fa. Un uomo di fede e di preghiera che, nonostante i pericoli e le difficoltà di quella terra bella ma infelice, ha resistito il massimo prima di lasciarla. Si parlava, e forse ancora si parla, di mal d'Africa. Credo che tutti i missionari che hanno lavorato in Africa siano stati attaccati da questa malattia che vuol dire conoscenza, amore, stima per la gente e nostalgia di quei posti. Sono forse l'ultimo angolo dove la natura si fa ancora rispettare. P. Pier Mario il mal d'Africa lo portava dentro.



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