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P. Giuseppe Rabito e la promessa

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Per tante sere, p. Rabito mi aspettava. Stavo un po’ con lui, che pregava a voce alta la Compieta. Era già a letto o stava per andarci. E lui raccontava… Avrei dovuto prendere nota, ma ricordo ugualmente qualcosa.

Carissimo p. Rabito, ti scrivo perché devo chiederti perdono: sono tanto distratto che mi sono dimenticato di mantenere la promessa di pregare per te. Tante volte me l’hai chiesto e io ho fatto lo stesso per te: una promessa reciproca. Sono sicuro che tu la mantieni, ma io... son qui: mi perdoni? Riconfermo l'impegno. Ti devo tanto, cominciando dalla tua gioia di essere missionario, dei tuoi 57 anni in Sierra Leone. Mi dicevi: "Là stavo bene, con i ragazzi del catechismo e anche con gli adulti. C'era anche il capo villaggio che è stato in seminario, ma poi mi ha detto: io no, ma mio figlio si farà prete”. È stato proprio così: suo figlio, anche lui dei giovani del catechismo, è diventato prete.

Tutte le sere venivo a trovarti. Non mi sentivi, ma io ero lì ad ascoltare la Compieta. Poi, mi dicevi di leggere quell'articolo di Famiglia Cristiana che ti era piaciuto e ti preparavi per coricarti, contento che ti dessi una mano.Poi, mi raccontavi ancora della tua famiglia che abitava nel palazzo dei Conti Martinengo, della familiarità con i padroni Dalla Costa e anche con il cardinale Elia che, a Firenze, scese dal suo ufficio quando tuo fratello, tornando in bicicletta da Roma, aveva suonato alla porta dell'episcopio per salutarlo. Poi, mi dicevi di tua mamma a Monte Berico con te e la tua sorellina, prima di lasciarti a 11 anni da p. Uccelli, all'Istituto. Di tua mamma avevi conservato una vera reliquia: la lettera che ti scrisse sapendo della tua destinazione in Africa (pubblicata in MS nel febbraio 2018). Mi dicevi del papà che faceva l’intermediario nei contratti di compra e vendita, anche di buoi, al mercato e poi arrivava all'istituto col cambio della biancheria e con le caramelle.

vi rito funebre Rabito 30 ott. 018 77Quante volte ci siamo detti che la malattia è missione! E quanta preghiera durante la tua nuova missione! Ti dispiaceva un po' la diminuzione della voce, però cantarellavi lo stesso, specialmente la mattina.
E poi ti aggiornavi leggendo Avvenire, Famiglia Cristiana, Jesus, Testimoni e studiavi. Per i tuoi compleanni, i tuoi nipoti e pronipoti ti regalavano i libri che tu desideravi. Anche al tuo amico, già sindaco di Villaverla, suggeristi di sostituire la bottiglia di liquore (VOV) con un libro. Alla festa dei 70 anni di ordinazione presbiterale, a Villaverla, hai testimoniato la tua fede e la tua vocazione (da piccolo dicevi: “o infermiere o sacerdote”), nata appunto nella famiglia e nella comunità parrocchiale che, fin dai tempi di guerra, vantava un vivace e generoso Centro missionario parrocchiale.
Un giorno hai raccontato di quella signora anziana che portava nella carriola un'oca e te che avevi 9 anni: "Nonna dove vai? Dove la porti?". E lei: "Al Centro missionario, per aiutare i missionari in Africa".

P. Rabito ricordava sempre la sua nonna materna, generosa coi nipotini. Che sia stato quel ricordo a farti preferire l'Africa all'America, dove il p. Generale avrebbe voluto mandarti? Appena ordinato presbitero, eri prefetto a Udine. Raccontano che tu sia stato piuttosto severo e p. Marchetti avrebbe detto: “Rabito?! È capace di mettere in ginocchio anche Enrico Toti!”.

Hai dattilografato per me la preghiera alla Madonna di papa Benedetto e siamo andati, ogni tanto, dalla Madonna di Monte Berico. Abbiamo pregato insieme il rosario delle 18 assieme ai pellegrini a Lourdes, ci siamo fermati spesso davanti all'immagine della Madonna nel parco, abbiamo concelebrato sempre l’Eucarestia e, qualche volta, tu presiedevi con molta devozione e soddisfazione...
Adesso che sei con la Madonna, con il Signore e con tutti i santi continui con noi, vero? Tu ci vedi tutti con gli occhi e con il cuore del Padre e sai come vivi aiutare la missione. Intercedi per me, per noi, per la Sierra Leone, per Villaverla...



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