Nel mese dei morti: Proclamiamo il valore della vita
A quarant'anni dall'uccisione di p. Carrara, p. Didonè, fr. Faccin e l'abbé Jonbert, ricordiamo che il martirio è la suprema testimonianza dei missionari di pace: danno la vita per chi li uccide.
Nel mese di novembre i cimiteri diventano per tutti punto di riferimento, dove i sentimenti trovano una specie di pacificazione generale. Si va a pulire e ornare le tombe dei propri cari e queste diventano luogo di conversazione in cui si esercita la fede nella risurrezione e si rinsaldano gli affetti. È un bisogno del cuore, ma diventa anche occasione per professare la fede nella vita e non solo per riflettere sulla realtà, dura e fredda, della morte.
Quanto valgono i morti?
La nostra cultura tenta di rimuovere la morte per nasconderla a chi la dovrebbe vedere; nello stesso tempo, la trasforma in spettacolo offerto spudoratamente alla curiosità. Dai giornali, radio e televisione si ha l'impressione che la morte sia diventata una realtà molto relativa: relativa nei numeri e nella valutazione. Le notizie sui morti, che pure dovrebbero essere un dramma, sono mescolate, quasi metabolizzate, alle altre notizie di politica, cronaca rosa e sport, fino a scomparire nella cronaca della giornata. Il giudizio poi varia da morte a morte: rimpianto , se è quella di uno di casa nostra; soddisfazione , se appartiene all'altro campo. Quanto al numero, specie se si parla delle vittime delle guerre o del terrorismo, una più o una meno, cosa può fare?
Eppure la morte non dovrebbe essere sotto il segno del pressappoco . Non è sotto il segno del pressappoco il variare delle quotazioni alla borsa di Milano o di New York; e neppure i punti nella classifica di serie A o nei concorsi del totocalcio. I morti invecedell'Iraq, dell'Africa, dei raids israeliani nei territori palestinesi o degli attacchi dei kamikaze possono essere approssimativi.
Che significa tutto questo?
Anzitutto che si vuol dimenticare la morte, forse perché ne abbiamo avuto un' overdose e ora vorremmo liberarcene, per quanto possibile. Ma significa anche che la persona umana non conta più molto, può scomparire o essere distrutta senza provocare dispiacere o indignazione. La morte è una realtà terribile quando essa tocca la nostra casa, i nostri affetti. Ma quando colpisce fuori, diventa spettacolo al quale siamo assuefatti, o cerchiamo di rimuoverla dall'orizzonte tragico della nostra vita.
Invece dovremmo riportare la morte al centro della nostra vita.
Morire è, e rimane ancora, la più sicura delle nostre certezze. Ma per noi cristiani morire, pur rimanendo una sofferenza, è quel passo necessario che ci farà finalmente simili al Signore crocifisso e risorto. Morire rivela la qualità della nostra vita. Dimenticare la morte, ci fa diventare disumani. Se la morte non ci fa più impressione, vuol dire che per noi la vita non vale più molto. Quanti morti nelle guerre che si combattono oggi! Eppure la loro morte lascia indifferente il nostro mondo perché non sa o non crede che la vita sia il più grande dono di Dio.
Le ragioni per vivere
Noi, che portiamo nel dNa di cristiani la memoria della morte del Signore, dobbiamo tenere viva la memoria della morte, non per cinismo o per fare i guastafeste, né ancor meno per disprezzo della vita; ma per ridare alla vita tutta la sua importanza. È stato detto che "solo chi ha ragioni per morire, ha ragioni per vivere". Lo sanno i martiri, che sono il modello più riuscito dei cristiani, e coloro che rischiano la vita per amore degli altri.
Novembre può essere un'occasione per ritrovare la "sapienza del cuore": quella che ci viene dal "contare i nostri giorni" (Sal 90,12) ; dal sapere cioè che viviamo giorni limitati, destinati ad esaurirsi, quando Dio ci chiama a sé. La sapienza che non teme la morte, perché sa che essa non ha l'ultima parola, non si spegne nel nulla, ma si riaccende nella pienezza di vita dei figli di Dio. La sapienza che ci impegna a utilizzare bene i giorni che ci sono dati per il bene dei fratelli; che ci impegna per la pace e la crescita di questo mondo; per la fine di ogni guerra e di ogni sopruso dell'uomo sull'uomo; perché sia eliminata ogni morte prematura. La nostra vita e la loro siano valutate come meritano: questo è cercare il regno di Dio.