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Ogni giorno provavo emozioni nuove. Il sole stava tramontando. La sua luce giocava a rimpiattino tra le foglie degli alberi e li colorava in tanti modi, come un dipinto del Tintoretto. Gli abitanti del bosco stavano rientrando dalla ricerca del cibo. Davanti a me, correvano veloci gli scoiattoli, tra loro il mio amico. Chi più o chi meno si stavano preparando al pasto serale. Anch’io avevo ancora un po’ dei frutti di bosco che mi aveva lasciato la mia amica. Ci aggiunsi un panino acquistato alla locanda che stava all’inizio della foresta. Un bel sorso d’acqua e… mi addormentai. Fui svegliato da qualcuno che, credo, mi stesse facendo una serenata. Vidi degli occhi che roteavano da tutte le parti. Tutti erano vestiti (le loro piume erano grigie) con abiti (si fa per dire) di gala e altre

con un colore rosso sfumato. Mi stropicciai gli occhi e vidi quella che si poteva definire l’orchestrina dei gufi e delle civette. Non li avevo mai sentiti, ma avevano un suono strano, che consolava anche i più tristi. Il direttore (un vecchio gufo saggio) mi disse che loro erano specialisti nello spazzare via malinconia e tristezza. Bastava fare un fischio e loro sarebbero volati vicino a me per tirarmi su il morale. Chiesi, se per caso, erano stati invitati a qualche festival canoro. La civetta più giovane mi disse: “Sì, gli umani sanno cantare e suonare, ma sono un po’ ripetitivi. Noi, ogni sera, seguiamo l’ispirazione che ci viene dalla luna e così inventiamo cose nuove”. Era proprio vero. Mi lasciai andare dolcemente sulle radici, lasciandomi cullare dalla loro musica. Mi addormentai profondamente, mentre qualcuno mi diceva che domani qualcuno sarebbe venuto a farmi conoscere un libro importante…



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