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Siamo nell’ottobre missionario e p. Angelo Pansa racconta ciò che capitò in Amazzonia nel 1969, con protagonista Sandra Pierobon, sorella cinquantenne del compianto p. Alberto. Sandra aveva raggiunto il fratello in Brasile per dargli una mano. Dopo tre mesi di permanenza, inizia un lungo viaggio. Per non gravare sulla missione, sceglie un autobus di linea invece dell’aereo. Era un veicolo nuovo, ma l’autista guidava su quel percorso per la prima volta. In discesa verso il porto, l’autobus prende velocità e la sua folle corsa finisce nel fiume Capim.

È l’ottobre 1969, mi trovo a Belèm, incaricato della comunità regionale dei saveriani. È una mattina soleggiata e il “Mercato del Ver o Peso” brulica di persone. L’autista di un taxi mi chiama. È un nostro amico. Mi chiede se sono al corrente dell’incidente avvenuto all’alba lungo la strada che da Acarà porta a Belèm.

So che Sandra, sorella di p. Alberto, sarebbe arrivata a Belèm con l’autobus che partiva da Acarà nelle prime ore del mattino. Chiedo al tassista qualche altra informazione. Mi dice che l’autobus, proveniente da Acarà, non si era fermato e, nei pressi della riva sinistra del fiume Capim, si era inabissato. Qualcuno si era salvato saltando dai finestrini, ma altri non ce l’avevano fatta. Rientro a casa e telefono ai Gesuiti che mi prestano il loro camioncino Volkswagen, per raggiungere la riva destra del fiume Capim. Prendo anche l’attrezzatura per un’immersione, la carico e mi metto in viaggio. Dopo 2 ore e mezza, arrivo nel luogo dell’incidente. Già in lontananza, vedo la folla sul molo dove si trova ancorata la chiatta che fa la traversata con veicoli e passeggeri.

Lascio il camioncino e chiedo a un pescatore se può trasportarmi con la sua canoa dall’altra parte del fiume. I Vigili del Fuoco si immergono nel tentativo di raggiungere il veicolo sommerso. Purtroppo, quando mi avvicino, vedo che non sono affatto attrezzati. Così, faccio un grande segno della Croce, un respiro profondo per riempire i polmoni e mi immergo. La corrente è forte e l’acqua molto torbida. Mi allontano sempre più dalla riva. Dopo oltre due ore di tentativi finalmente vado a sbattere contro il veicolo sommerso.
Torno sulla chiatta e chiedo una cordicella di una ventina di metri. Mi servirà ad ancorare una boa galleggiante, legandola al relitto sommerso in modo da poterne segnalare la posizione. Lego la cordicella alla carrozzeria e risalgo in superficie. L’autobus si trova a 9 metri di profondità.

È già pomeriggio inoltrato. Rientro a Belém, sperando di ottenere dall’Ammiraglio della Base Navale l’equipaggiamento per immersione e due suoi sommozzatori. Così avviene. Atterriamo in una pista di fortuna… e iniziamo il lavoro. Purtroppo, la tanica vuota legata al veicolo è sparita. Prendo un’altra corda in mano, apro il rubinetto della bombola, sistemo la maschera e il boccaglio. Sono in acqua. La corrente è forte e la pressione aumenta sempre più. La visibilità è poca. Raggiungo il relitto in pochi minuti. Due strappi forti alla corda e immediatamente ecco altri due strappi. È il collega che mi risponde. Scende con il cavo che agganciamo e risaliamo in superficie. Il trattore cingolato inizia la trazione. Purtroppo, il cavo si rompe. Il problema, forse, è la marcia rimasta innestata. Ripartiamo in immersione. Lui aggancia, io disinserisco la marcia.

L’autobus viene riportato in superficie con grande soddisfazione di tutti. Vengono recuperate le salme di 5 persone, tra le quali Sandra. Allineate sul terreno, sono circondate dai familiari e da altre persone. C’è anche il vescovo saveriano di Abaetetuba, mons. Angelo Frosi, con alcuni confratelli di Acarà ed Abaetetuba e alcune saveriane. Il vescovo mi abbraccia e ci ringrazia, ringraziando anche il mio collega sommozzatore.
Terminata la celebrazione funebre per le vittime, torno a Belèm.

Ci pare quasi impossibile che p. Angelo abbia fatto tutto questo, ma di doti ne ha tante. In questa storia rimane vivo l’interrogativo della fine drammatica di Sandra. A noi non resta che chinarci davanti al grande mistero dei disegni di Dio che spesso ci colgono impreparati, cercando dire con Gesù “se possibile… però sia fatta la tua volontà” (p. F. Raffaini, sx).



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