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Missione famiglia: Consuma, consuma!

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di: Mario ed Egle Sberna.

Sotto le feste di Natale - Capodanno - Epifania, "il credo" di questa nostra società è riassunto nella frase: "consuma, consuma, consuma!". I presupposti di questo "credo" sono: primo, ogni tipo di crescita è buono; secondo, meno costano le cose e meglio è. Perciò è auspicabile setacciare il mondo alla ricerca del minor costo possibile, sia di manodopera che di materie prime.

L'alternativa, sempre secondo i fautori della globalizzazione, sarebbe il protezionismo che però - ci dice la storia - provocò la grande depressione degli anni '30 e preparò la strada spianata al conflitto mondiale. E quindi, non ci sarebbe alternativa a questa globalizzazione.

Venticinque anni fa, l'8 aprile 1985, verso mezzogiorno, io e mia moglie ci promettevamo fedeltà e amore per sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Se credessi nel credo globalizzato, io dovrei comprare un diamante per mia moglie, senza preoccuparmi se da decenni per i diamanti muoiono tanti esseri umani in Sierra Leone, in Congo, in Swaziland. E mia moglie mi regalerebbe magari un paio di scarpe da ginnastica e una tuta della Nike, senza preoccuparsi del fatto che nelle fabbriche Nike il 74% delle operaie - donne come lei - subisce violenze sessuali. E i nostri sei bambini potrebbero regalarci un rasoio elettrico per me e un cellulare per mia moglie, importati dal Myanmar. Anche se il Myanmar ha uno dei regimi più biechi al mondo.

Perché il credo della globalizzazione è questo: non preoccuparti di come vengono prodotte le cose; preoccupati solo di consumarle. Un credo che assomiglia troppo alla parabola del ricco epulone nella quale al povero Lazzaro non restavano nemmeno le briciole. Perciò...

Ma il mio credo è Gesù Cristo. Perciò, per il nostro anniversario di matrimonio, ho dato un bacio ancora più appassionato a mia moglie e ho accettato con grande gioia i disegni di auguri che i nostri bambini, come ogni anno, ci donano per questa festa. Una fetta di torta fatta in casa dalla nonna, l'affetto dei nostri genitori e dei nostri fratelli, la chiassosa e allegra presenza di nipoti e figli: questo è il modo migliore per ricordare quel giorno di 25 anni fa.

Così noi cerchiamo di andare nella strada contraria a quella proposta da una pubblicità televisiva che ci sta ossessionando da qualche tempo; quella pubblicità nella quale il consumatore viene ringraziato da tutti quelli che incontra, per il semplice fatto di avere in mano una sportina della spesa.

La nuova economia globale - quella del "consuma, consuma, consuma!" - cresce più lentamente di quella che, tra il 1950 e il 1973 cercò di proteggere le econome nazionali promovendo l'industrializzazione attraverso la sostituzione delle importazioni. Negli anni '80 le barriere commerciali cominciarono a essere rimosse producendo un iniziale effetto di crescita, ma aggravò sempre più i problemi di disoccupazione nel nord del mondo, la povertà nel sud e il divario economico tra nord e sud: tra ricchi che diventarono sempre più ricchi, e poveri che diventarono e sono sempre più poveri. Lo aveva già profeticamente annunciato Paolo VI nell'enciclica Populorum Progressio.

Massimizzare i profitti e minimizzare i costi ci porta dritti all'inferno in terra: certi imprenditori vanno alla ricerca di manodopera a buon mercato da sfruttare agevolmente; ma questa manodopera sfruttata non ha poi la capacità di acquisto, perciò non può consumare. E a chi può comprare, si chiede di comprare molto più del necessario e del superfluo, cioè di sprecare sempre più risorse.

Il vero "credo" di questo sistema è "spreca, spreca, spreca!", ancora più che "consuma, consuma, consuma!". Si arriva alla follia di super-produrre, a partire da risorse che non sono rinnovabili e all'interno di eco-sistemi vulnerabili e ormai gravemente danneggiati.

Ma guardiamoci seriamente negli occhi:

  • Per quanto tempo possiamo ancora credere di andare avanti così?
  • E per quanto tempo ancora i poveri del sud del mondo riusciranno a pazientare?


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