Mettere in gioco la propria vita
Il ricordo di p. Maule, p. Marchiol e Gubert
Ricordiamo il martirio di p. Ottorino Maule, p. Aldo Marchiol e Catina Gubert, assassinati nella missione di Buyengero, in Burundi, il 30 settembre 1995. Lo facciamo a Gambellara, la comunità dove p. Ottorino è nato e cresciuto, a 12 anni dalla loro uccisione.
Se le ricchezze distraggono
La parabola di Lazzaro e del ricco ha quest’anno e per quest’occasione una sua interpretazione che non è fuori dall’esegesi, ma che sottolinea un aspetto particolare dell’insegnamento di Gesù.
Il senso della parabola è che le ricchezze accecano chi le possiede e non le condivide. Il peccato del ricco è di non essersi accorto del povero Lazzaro, del suo bisogno, della sua povertà. Le ricchezze rischiano sempre di accecare chi ripone in esse la sua fiducia. Lo vediamo anche oggi: il nostro mondo ricco non si occupa, se non in modo occasionale e sporadico, dei poveri del mondo che, come Lazzaro, sono alla porta di coloro che stanno banchettando. Le ricchezze distraggono...
Ma padre Ottorino e i suoi due compagni di martirio non si sono distratti. Hanno preso coscienza dei poveri burundesi della missione di Buyengero, li hanno tenuti presenti e hanno anche saputo soffrire per loro fino a dare la propria vita.
Per la difesa dei più poveri
Ho un ricordo personale di p. Ottorino Maule. Nel luglio del 1995 eravamo insieme al Capitolo generale dei saveriani e lui mi parlava della situazione della sua missione, che io già conoscevo. Mi raccontava delle accuse che pendevano su di lui e contro di lui, perché aveva smascherato la menzogna con cui certe persone volevano coprire i loro misfatti, addossandoli su alcuni innocenti parrocchiani di Ottorino.
Per l’amicizia che mi legava a lui, io gli dicevo di non presumere troppo dalle sue forze e di essere prudente, perché non glielo avrebbero perdonato. Gli raccomandavo la prudenza perché era chiaro che rischiava la pelle. Ma fu invano. Mi rispose: “So bene quello che mi può accadere, ma è mio dovere difendere i poveri e gli innocenti”.
Questo è ciò che l’ha portato alla morte, la sera del 30 settembre dello stesso anno. È morto sapendo ciò che gli stava capitando. Non è morto per un incidente di percorso, ma per una libera scelta di rimanere là dove era il suo ministero. Si era accorto della presenza dei poveri, l’aveva scelta e tenuta in conto e non aveva esitato a restare sul posto mettendo in gioco la sua esistenza.
L’insegnamento più alto
Per questo abbiamo ricordato p. Ottorino e celebrato il suo martirio, lasciandoci insegnare come si ama fino alla fine. Abbiamo celebrato questo ricordo all’interno della Messa, che è il memoriale del martirio del primo martire, Gesù Cristo: “Questo è il mio corpo dato per voi”. Cioè, questo sono io, che mi dono a voi. "Questo è il mio sangue versato per voi”. Quello che Gesù ci insegna ogni volta che noi celebriamo è la scuola dalla quale noi dobbiamo lasciarci istruire. La nostra celebrazione non avrebbe senso se non portassimo a casa questo insegnamento.
Ci siamo trovati anche per lasciarci interpellare dai nostri numerosi fratelli che hanno bisogno di noi, da quelli che non sempre attendono l’aiuto economico, ma piuttosto l’attenzione, la premura, quella parola e quel conforto che si desiderano e di cui spesso neppure siamo coscienti.
Che il ricordo di p. Ottorino, di p. Aldo e di Catina ci aiuti a diventare consapevoli e attenti alle vere implicazioni delle nostre Eucaristie.